martedì 27 dicembre 2016

Un governo di … gentiloni.



Venti punti di differenza tra i Sì e i No fanno il 50% in più. Perciò, come avevo previsto, Renzi ha preso atto della sonora batosta e ha lasciato (costretto dall’evidenza) il Governo.
Abbandonata l’abituale arroganza, nell’ammettere la sconfitta, ha piagnucolato come i bimbi cui è stato sottratto per castigo il giocattolo preferito. È già positivo che abbia ringraziato l’Agnese e non la Maria Elena.
A chi dice che è stato coerente con le sue dichiarazioni precedenti, vorrei semplicemente ricordare che alle esternazioni sul dimettersi aveva aggiunto, sempre, pure quella del suo ritiro dalla politica. Ciò non è avvenuto perché in vita sua ha fatto solo politica e di quella finora ha vissuto.
Per la verità non fu il solo a fare questa dichiarazione, ma pure altri del suo cerchio magico autoreferenziale. Vedi ad esempio la Boschi che, celando la bugia e le magagne giudiziarie familiari sotto la lunga chioma, ha proseguito la scalata sociale fino alla vicepresidenza del governo.
 
È nato, per gentile concessione del Presidente Mattarella, il Governo Gentiloni, che molti media hanno definito il governo copia e incolla.
Come si sa il suffisso “oni” è un degenerativo peggiorativo dell’articolo o sostantivo usato. Infatti, si può notare la grande … disponibilità e dedizione sociale al bene comune dei membri del “neonato” governo, nonostante l’eclatante bocciatura referendaria.
Più gentiloni di così … si muore.
Gentiloni non è Renzi. Ascoltando il suo discorso alla Camera, ho apprezzato la sua brevità, pacatezza e sobrietà dialettica, sinonimi di certa precarietà. Sicuramente è conscio, meglio di tutti, che il suo destino è strettamente legato alla resa dei conti in casa Pd.
Nella pratica: tirém a campà in attesa degli eventi.
 
Secondo Mattarella – ritengo – non si potevano sciogliere le Camere e andare a elezioni anticipate senza una Legge elettorale. Strano a dirsi, però, una legge elettorale esiste, perché la Corte costituzionale ha rettificato solo in parte la legge precedente; e l’attuale Italicum non viene analizzato sino al 24 Gennaio.
Se l’Italicum renziano pare non sia più attuabile in base al risultato referendario, varrebbe la pena chiedersi perché mai il Presidente lo firmò, rigettandolo nella pratica ora.
Ovviamente non sono Mattarella. Avrei però optato per una linea diversa, dando un mandato esplorativo a Bersani, l’unico che è stato votato come candidato premier dalla maggioranza relativa degli italiani. Fallendo lui si rimandava alle Camere Renzi; e se non otteneva il necessario voto di fiducia si scioglievano le Camere, lasciandolo in carica, come governo dimissionario, fino alle elezioni.
Mettere un nuovo premier e avere lo stesso governo è solo un’operazione di maquillage per gli illusi.
D’altronde Mattarella non è figlio elettivo di Renzi?
 
Il Governo italiano è un Governo parlamentare. Ciò significa che deve avere l’approvazione delle Camere.
Però, negli ultimi tempi, si è avuta una degenerazione procedurale, perché gli ultimi governi non sono stati governi parlamentari, ma solo governi del presidente, rettisi più o meno lungamente solo sui continui e ridondanti voti di fiducia.
Tutto ciò esplica chiaramente il fallimento della politica e l’usurpazione di regime democratico di molti poteri.
I partiti sono in crisi evidente: nascono, crescono, si ridimensionano, si dividono e muoiono con estrema facilità. Il loro destino è tanto effimero quanto precario, basandosi sulle promesse elettorali e sulle aspettative che possono ingenerare nell’elettore. Costui, sentendosi poi tradito nelle promesse e nei fatti, sposta repentinamente il suo voto su altri, castigando l’affabulatore e sperando in un altro … affabulatore.
 
Partiti in crisi equivale a politica in crisi.
Cosa manca? Semplice: un disegno democratico sociale e soprattutto economico, perciò industriale. Con l’avvento dell’Ue, infatti, si è smantellato gradualmente tutto ciò che c’era, demandando gradualmente tutto alla lontana e distaccata centralità della Commissione europea. Cedendo sovranità si è ridotta in modo automatico pure la libertà.
Dal progetto economico industriale si è travisato nel progetto finanziario, come se l’economia potesse reggersi solo sul terziario.
Al cittadino è stato in pratica cambiato lo status esistenziale: da persona a numero.
Inevitabile che pure l’uomo politico attuale nasca privo e carente (incapace) di progettualità, che d'altronde non più gli compete, essendo demandata questa a una centralità fredda e lontana, esclusivamente finanziaria e poco umana.
Renzi è stato – e forse lo sarà ancora per un po’ – l’alfiere esecutore di questa progettualità, che sorge dall’Ue e dalla Bce.  Capace di fare il leone col proprio popolo e il coniglio con i poteri forti e decisionali attuali.
 
Da simbiologo ho sempre accostato Renzi – sintomatica l’assonanza dei nomi - a Cola di Rienzo (Rienzi alla romana: Nicola di Lorenzo Gabrini, 1313-1354), il tribuno romano capace di incantare il popolo con i suoi discorsi, salvo poi essere vittima fatale delle sue mancate promesse. Fu, infatti, linciato dalla folla.
Tuttavia non possiede la dialettica di Cola di Rienzo, ma esplica solo l’arroganza e la protervia, sinonimi della sua iattanza del potere. Dove la dialettica politica si tramuta in ciarleria, spesso denigratoria.
Entrambi nell’intento riformatori. Talora e spesso, come accade, pro domo mea.
Per Renzi, ad esempio, l’Italicum era la miglior legge elettorale di questo mondo, perciò intoccabile. Poi, poiché i sondaggi cominciavano a dare M5S come prima forza politica del paese, ha aperto alla possibilità di cambiare. Perché è ovvio: è perfetta se mi favorisce, è pessima se dà il potere ad altri.
Ora, pare puntare sul Mattarellum che con una grande ammucchiata di sx potrebbe reggere lo scontro con le altre forze politiche. Con quale risultato non si sa; ovviamente a scapito di quella subitanea governabilità che prima, con l’Italicum, tanto declamava necessaria.
La Storia, a molti, non ha mai insegnato nulla.
 
Nei paesi occidentali vige una regola non scritta: il politico che perde si ritira dalla politica. Lo abbiamo visto anche recentemente, anche se la sconfitta era decretata solo da una manciata di voti.
In Italia, ovviamente, no. Renzi lo ha tanto proclamato che alla fine se l’è pure … scordato, nonostante l’enorme divario del voto referendario.
Dopo aver fatto la riforma in Parlamento il suo governo doveva starsene fuori della competizione, rimanendo neutrale quale istituzione di tutti. È, invece, avvenuto il contrario, col demonizzare addirittura la parte avversa e pagandone poi lo scotto.
Trarne le conseguenze avrebbe dovuto essere inevitabile. Ovviamente non per Renzi e i renziani, che intendono ripartire da quel misero 40% di consensi ottenuti, ignorando che questo consenso è il frutto di una convergenza trasversale.
Tutti salgono sul carro del vincitore; poi scendono velocemente quando diventa un perdente sconfitto.
 
Il problema non è solo ai vertici, ma pure altrove, vedi Roma e Milano su tutte.
I politici chiamati al lavoro non dico risultino poi collusi con qualche mala faccenda, ma sono inefficaci nell’operare a determinati livelli.
Per lo più sono le giovani leve che si fanno avanti con disincantato perbenismo, sicuramente con tanto entusiasmo, ma pure con altrettanta incapacità, sia dovuta all’inesperienza, sia al progettare con precisione e lungimiranza il lavoro a cui il popolo li ha chiamati.
Per Renzi vale lo stesso discorso, perché da lui e dai suoi non ho mai sentito definire nel dettaglio i progetti a cui si accingevano. Risultato: han fatto i firma carte dei progetti altrui.
 
I giovani, per il cui futuro Renzi si “dannava”, sono stati i primi a votargli contro. Ciò significa che il futuro renziano non è quello a cui i giovani oggi aspirano.
Questo fatto è sintomatico di quanto sia grande la scollatura percettiva della politica verso la società reale.
Il cittadino e il giovane in particolare oggi chiedono Lavoro, non il posto fisso. Chiedono una vita decorosa e non infinita precarietà sulla loro pelle: quella dei voucher.
Con la precarietà una nazione agonizza, non vive.
 
È perciò chiaro che l’Italia con Renzi abbia “perso” tre anni.
Analizzando il lavoro del suo governo è evidente che l’Esecutivo ha remato dalla parte opposta delle aspettative popolari: la riforma costituzionale è stata “annientata” dal referendum, il Jobs act rischia con l’eventuale prossimo referendum di fare la stessa fine, la Legge elettorale è tutta da riscrivere, il Decreto sulle Popolari in S.p.A. parrebbe addirittura anticostituzionale. Su ciò si attende
Che resta?
Sicuramente le macerie del terremoto e le troppe tende ancora attive.
Un po’ poco per un governo che con la rottamazione voleva innovare la nazione, rottamando invece solamente sé stesso.
Una breve annotazione va riservata pure alla minoranza del Pd. Quella minoranza che era prima la maggioranza e che insipientemente e con somma ignavia ha consegnato il partito a Renzi, abdicando per la propria incapacità operativa.
Incapacità maggiormente evidente nell’esplicare la propria opposizione interna, ossequiente nei molteplici voti di fiducia.
Il solo D’Alema si è erto a custode della sua indipendenza politica, mettendoci faccia e dedizione.
Ne consegue che il Pd sia un partito allo sbando e destinato allo sbaraglio, se con Renzi ancora segretario, alle prossime politiche.
Se così avverrà è ovvio che il Popolo sovrano avrà rottamato definitivamente il … rottamatore.
E, forse con esso, sconfesserà pure le alte cariche istituzionali che ciò han permesso e voluto, unitamente a quella, lontana e centrale, della Commissione europea.
 
 

domenica 25 dicembre 2016

Buon Natale!

 
Carissimi amici, parenti, lettori e conoscenti,
– mi si acconsenta a utilizzare un’espressione abituale a Paolo di Tarso nell’iniziare le sue epistole –
giungo a Voi brevemente in questo modo per porgerVi i doverosi auguri.
Un sentito grazie soprattutto a quanti me li hanno inviati privatamente nei giorni scorsi e oggi.
 
Lo scorso anno lasciai spazio a Sesac, rinunciando, per la prima volta, al tradizionale pensiero filosofico e sociologico natalizio.
Pure quest’anno non mi voglio impegnare in questa mansione per varie ragioni. La prima delle quali è l’inesistente voglia di farlo.
 
Come molti sanno le mie condizioni, da ormai un lustro, non sono ottimali. Il mio fisico paga le cure e diventa ogni giorno più debole. Soffro qualsiasi piccolo sforzo.
Se fossi poco ottimista, direi che non potrei garantire d’essere ancora tra Voi il prossimo natale.
Tuttavia, avendo già sfatato i test esistenziali, proverò a esserci per molto altro tempo ancora.
Quest’anno ho voluto essere di stimolo ad alcuni conoscenti che soffrono una grave malattia, sia visitandoli, sia rincuorandoli. Alcuni se ne sono già andati, altri ancora resistono.
Ho perso pure un parente – peraltro con il mio stesso nome e cognome – per la mia stessa malattia.
Ha resistito poco più di sei mesi.
 
Talora, nel silenzio e nella solitudine che stimola il pensiero, mi chiedo dove sia la differenza tra me e gli altri. Credo nel non sentirmi un ammalato, ma solo uno condizionato o impossibilitato fisicamente in tante cose, che prima facevo agevolmente.
Non ho abbandonato i progetti, accettando pure di impegnarmi là dove lo sforzo fisico non è indifferente, affrontando tutto con tanta determinazione e senza l’assillo del tempo. Ovviamente progetti non a lungo termine. Tutto deve essere un piacere, mai un lavoro.
Faccio, riposo, riprendo, …; finisco spossato, ma contento e soddisfatto d’aver fatto da professionista anche così.
Il fare e la vita deve essere sempre un piacere; proprio e tanto come l’amare.
Chi ama solo per la redenzione e la salvezza ha già perso sé stesso e decreta la sua dannazione, perché fa non perché convinto, ma solo per un do ut des. È un dannato cha vaga animato dal premio finale, come lo è il lavoratore che aspetta solo il salario mensile.
 
Il mio pensiero va spesso a chi soffre. Il dolore degli altri mi ha sempre commosso. Il mio lo so affrontare, sopportare e vincere.
Appunto per questo voglio indirizzare il mio pensiero, la mia vicinanza e i miei Auguri specialmente a chi soffre d’una malattia grave, a chi è debilitato nel fisico, a chi è oberato da violenza e da guerre, a chi è in difficoltà finanziaria per aver perso il lavoro per la crisi, a chi si trova nell’indigenza fisica, mentale e materiale, a chi annega nel Mediterraneo cercando un futuro migliore, a quelli colpiti nel sangue dalla violenza terroristica, a chi, infine, soffre la fame e la sete.
Un pensiero particolare lo rivolgo ai terremotati, specie a chi vive ancora in precarie situazioni e che ancora non ha trovato un alloggio decoroso e dignitoso.
 
A tutti loro e a tutti Voi che mi leggete, Vi giunga il mio sincero e affettuoso

Buon Natale!
 
Sam Cardell
 
 

mercoledì 30 novembre 2016

Riforma costituzionale renziana? No, grazie!


Nella valle della Sieve, tra Dicomano e Rufina, vi è una villa, credo risalente al 1800 circa, ora trasformata in centro per anziani.
Passando nella strada sottostante, alzando lo sguardo verso la villa, fa bella mostra di sé un grande tabellone con la scritta: Villa S. Biagio. Residenza per anziani.
Sarebbe utile e interessante se prossimamente la scritta fosse così aggiornata, insieme alla destinazione d’uso, in: Villa S. Biagio. Residenza per renziani.
Tanto per essere in sintonia con la … declassata … rottamazione.

Il voto referendario sulla riforma costituzionale - ideata da Renzi e dal suo gruppo autoreferenziale da cerchio magico - è imminente. È una riforma voluta, perseguita e imposta a colpi di voti di fiducia, celebrata e decantata come innovativa e necessaria, anche se la finalità e la sostanza di questa riforma è l’esatto contrapposto di ciò che si declama. Basti dire che buona parte dello stesso Pd si è schierata ufficialmente per il “No”.
Secondo Renzi è la migliore del mondo, compreso il connesso Italicum. Senza di questa vi sarà il … diluvio universale.

Guardando nel dettaglio la riforma si notano diverse anomalie (storture) democratiche, tese a ridurre la libertà del singolo cittadino e favorevoli a un preludio dittatoriale. Perché Renzi, in sostanza, ha già intrapreso con i suoi diversi colpi di mano – prima nel Pd e poi al Governo - una deriva dittatoriale sia nei modi che nelle maniere.
Forse ciò sarà dovuto anche all’aria di quei luoghi, perché Predappio, in linea d’aria e geograficamente, è assai prossimo a Rignano.
Se però Mussolini ebbe prima la capacità di crearsi un partito e poi di ottenere un voto ampiamente maggioritario al suo programma politico, Renzi ha fatto l’esatto contrario: prima con un colpo di mano si è impadronito del Pd, poi con un altro colpo di mano e senza alcuna elezione si è (quasi) autoproclamato premier.
Il suo susseguente incedere lo conoscono tutti, sia gli orbi che i … guerci.

Renzi e i suoi affermano che chi voterà No vorrà mantenere la casta, il costo eccessivo della politica e l’arretratezza del paese. Si giunge perfino ad affermare che il “no” sarà un voto degli anziani contro i giovani.
In effetti, potrei anche condividere il battage pubblicitario renziano, considerato che gli anziani hanno: lottato e versato sangue per la democrazia e la libertà, hanno creato una costituzione avanzata e prodotto col proprio lavoro e operosità il boom economico e la ricostruzione morale e civile della nazione.
D’altro canto, alcuni, hanno allevato dei bamboccioni e dei bambinoni. Che, per il solo fatto d’aver acchiappato un pezzo di carta in qualche benevola e accondiscendente università, si credono il dio in terra, anche se non sanno neppure capire come s’inizia a lavorare. E, ora, costoro vogliono dettare legge.
Secondo Renzi chi si schiera per il no è un’accozzaglia. Basterebbe chiedergli solo cosa fossero quando molti di questi votarono “sì” ai suoi molteplici e susseguenti voti di fiducia.

Si afferma che per ammodernare il paese bisogna procedere con una nuova legge elettorale (l’Italicum) in grado di dare subito un’ampia maggioranza parlamentare al governo, anche se si ottiene un suffragio minoritario. Ciò per stabilizzare la governabilità.
Varrebbe perciò chiedersi perché mai gli U.S.A. abbiano da oltre due secoli la stessa identica legge elettorale, senza che sentano il bisogno di cambiarla, ne che si sognino di farlo. Mentre in Belgio e in Spagna la governabilità sia garantita, nonostante siano da vario tempo senza un governo. D’altro canto l’attuale governo procede da ormai tre anni con l’attuale costituzione.
Si afferma pure che il Senato è un costo eccessivo sia economico che sociale, essendo un doppione della Camera. Però il ridurre di due terzi i membri del senato non significa ridurne i costi. I nuovi senatori, prodotti da tale riforma e scelti tra sindaci e consiglieri regionali, non andranno a Roma per la … gloria a spese proprie; non faranno due lavori con la paga di uno.
L’Esecutivo reclama con questa riforma una corsia preferenziale per i propri decreti. Peccato, però, che dagli attuali 60 g per la conversione odierna, si scivoli tra i 70 e i 90 g. Inoltre basterà un terzo dei senatori per poter in futuro richiamare una legge, ripristinando il tanto vituperato bicameralismo perfetto.
Altro che il noto ping-pong.

Si afferma che questa riforma è meglio di niente e che perciò con questa bisogna incominciare.
La storia italiana, dal dopoguerra in avanti, evidenzia però che diverse articoli della costituzione sono stati già aggiornati in passato, proprio come si è variata più volte la legge elettorale, secondo le esigenze dei vari partiti al potere, di dx, di centro o di sx.
Giungere ad affermare che la bocciatura di questa riforma porterà per almeno un decennio a una stagnazione dell’ammodernamento politico del paese, è tanto risibile quanto assurdo.
Le riforme politiche, per quanto belle possano essere, non sono la panacea di ogni male. Ciò che rende moderna e florida una nazione sono sempre: l’innovazione, il lavoro e il risparmio.

Il governo Renzi ha ormai tre anni di vita. Il risultato più eclatante di Renzi, anche se celato e sottaciuto, è l’innalzamento del nostro Debito Sovrano, che sta viaggiando all’aumento vertiginoso di circa 100 mld annui, sia per mancette elettorali, onde ottenere consensi, sia per benefit lobbisti. È, infatti, ormai sui 2.400 mld di €. Cifra che l’attuale premier intenderebbe dilatare all’infinito in barba al patto di stabilità, nel nome della … flessibilità.
Lo spread ha rialzato la testa, soprattutto perché il rozzo ragazzotto di Rignano vuol fare in Ue il capitan Fracassa. Ne consegue che chi muove le pedine della finanza faccia da una parte buon viso e dall’altra cattivo gioco.
Per rendersene conto basta chiedere all’estero quanto e come venga considerato.
Renzi, in questa campagna referendaria, ha troppo personalizzato lo scontro, salvo poi diventare possibilista nel caso il No vincesse, dimostrandosi attaccato alla poltrona più di ogni suo predecessore.
Personalmente credo che solo un forte tracollo del Sì lo costringerebbe a dimettersi.

Il voto, con buona pace di Indro Montanelli, non va mai dato turandosi il naso, ne votando il meno peggio. In questo modo s’impoverisce la politica sia di valori sia di progetti.
Il voto va dato, sempre, o sulla validità della persona e del suo progetto politico, o sulla validità sociale di una legge, pure se costituzionale.
La riforma renziana non ha alcuno di questi connotati, ne l’uomo che la propone li incarna.
Ciò indipendentemente dal risultato che questa consultazione referendaria otterrà.


martedì 25 ottobre 2016

La Salvezza secondo Leone.


Oggi, venne in visita da me Sesac; e mi consegnò questo racconto che pubblico, come sempre, assai volentieri.
Tratta, come consuetudine, della vita degli animali della foresta e dei fatti di un tempo che fu.

Sam Cardell
 
Tratto da “i Dialoghi” di Sesac
 
La Salvezza secondo Leone.
 
(Prima Parte)
 
ovvero:
 
Ipazia, vittima sacrificale.
 
Leone si svegliò all’albeggiare, come sua consuetudine. Era il sabato del villaggio e l’estate volgeva verso il suo termine. La temperatura era fresca e gradevole, il cielo d’uno splendido cobalto, il suo stato fisico non ottimale e la voglia di sgambettare di Billyno incontenibile.
Perciò decise di salire in altura per funghi, anche se riteneva che non ce ne fossero.
 
In Itachia vi erano stati dei movimenti tellurici che avevano creato desolazione e morte nella zona colpita.
Leone conosceva bene quella zona, che pur con epicentri diversi era quasi ogni decennio destinata, or qua or là, a simile sorte.
Personalmente riteneva che quando le faglie, planari o non planari, producessero la loro diaclasi, l’entità della forza sprigionata spesso non lasciasse scampo ai malcapitati.
E così era stato.
Decenni prima, quale membro onorifico del C.I.S.M. e in virtù delle sue qualifiche professionali, aveva partecipato a uno studio idrogeologico nel nord di Itachia, mappando le cartine dei punti a rischio con tante crocette. Sicché, ironizzando, affermava che quella zona pareva alla fine un cimitero, tanto che non avrebbe neppure dovuto essere abitata.
Tuttavia, come si sa, i bipedi dediti alla politica, di ciò non se ne avvedevano, né per evitare i guai né per mettere in sicurezza il territorio. Perché, dopotutto, come affermò quell’idiota, la ricostruzione avrebbe poi prodotto un aumento del Pil.
Salvo poi correre, mesti in viso ma festanti per la carica, a presenziare alle esequie di stato, onde elargire a piene mani ai malcapitati sopravvissuti le condoglianze di rito e le promesse, doverose, sull’impegno pubblico, che forse (sicuramente) dopo decenni sarebbero state ancora … disattese.
Pure stavolta il ciarliero pollo del Mugello e lo spento, moscio e amorfo siculo a ciò non s’erano negati.
 
Leone e Billyno, dopo aver lasciato Bipperino poco sopra la Cascina, iniziarono la salita verso lo Sparavento, occhieggiando i laghi che, sfavillanti, riverberavano fin lassù i primi raggi del sole.
Dato il suo precario stato di forma Leone decise di procedere sulla pianeggiante pista tagliafuoco, onde entrare in temperatura lentamente.
Dopo un buon tratto la abbandonò, iniziando a salire nel pascolo d’altura tra i procaci ginepri, poco oltre il bivio che portava ai Marsì, proprio là dove una betulla faceva bella mostra di sé.
Billyno sgambettava davanti, radioso di felicità; mentre Leone procedeva più a rilento con molta cautela e calma, onde evitare i frequenti broncospasmi che avrebbero anche potuto essergli fatali, di norma immediatamente preceduti da evidente dispnea. Sicché, quando ciò si manifestava, prontamente si fermava per evitare guai.
La sosta era motivo anche per gustarsi lo splendido paesaggio che appariva ai suoi occhi, con il Rosa, a ovest-nord-ovest, che si stagliava nitido e massiccio con la sua bianca cresta orientale. Colse, pertanto, l’occasione per salutare - da sud a nord - la P.ta Giordani, la Piramide Vincent, il C.no Nero, lo Zurbriggen, il Parrot, la P.ta Gnifetti, lo Zumstein, la Dufour e la Nordend, che da lungi ricambiarono il saluto; non tralasciando un breve cenno anche al nanerottolo P.zo d’Andolla, che rannicchiato verso il Sempione s’intravedeva appena.
Decise, infine, di procedere al rallenty, come faceva decenni prima sugli ottomila, giungendo così senza altri problemi lentamente in vetta. Ad attenderlo lassù, oltre a Billyno che aveva nel frattempo nell’andirivieni già calcato la vetta più volte, v’era la bianca tozza croce sommitale, avvolta dall’abituale turbolenza.
La toccò con la sinistra, accarezzandone il braccio, prima di recarsi poco più a sud al suo solito posto.
 
D - Ciao, Leo! Mi pari assai affaticato. Come ti senti?
L – Verissimo, Buon Dio: sono stremato e mi sento un rottame. Il mio fisico è prostrato e debilitato, per cui non risponde più ai comandi della mente. Tuttavia ho compiuto un’impresa che pochi avrebbero saputo fare, dato il mio stato fisico attuale. Ciò mi appaga!
D – Su, riposa e siediti al tuo solito posto. Osservandoti salire ho avuto la sensazione che tu intendessi suicidarti.
L – Dai, scusa l’ardire: non dire scemenze! Sai che dicevano i nostri vecchi? Che ammazzare le persone e spalare la neve sono due lavori inutili. La gente, infatti, muore da sé, proprio come la neve poi si scioglie al sole. Perciò un giorno morirò, senza suicidarmi prima.
Se sono giunto quassù il rischio era calcolato. Su ciò, Ti prego, non aggiungere altro. Diversamente elucubrerò con un parallelo sul Tuo Sacrificio in croce, giacché chi ci va volontariamente, pur con nobili motivi, in pratica si suicida.
Sai, puoi stare tranquillo, tra un paio di giorni farò gli opportuni accertamenti clinici.
Comunque, giacché sei in argomento, viste le mie condizioni attuali e non essendoci nulla di scontato, prova, lassù, a farTi un tantino in là, onde lasciarmi lo spazio sufficiente per sedermi alla Tua destra o alla Tua sinistra. Sai, non è che mi interessi molto esserTi vicino o lontano. Però se c’è poi da confabulare tra di noi, come ora, non vorrei sprecarmi troppo nella voce. Già vedi che il fiato mi manca.
Pure un’altra richiesta vorrei farTi. Infatti, il Tuo amato apostolo Giovanni racconta nell’Apocalisse che attorno al Tuo Trono vi è una moltitudine immensa di santi, tutti dediti ad osannarti a gran voce e a prostrarsi al Trono Tuo (dell’Agnello).
Ebbene, detesto i clamori, gli adulatori e tutti gli adoratori. Amo il silenzio! Fatti osannare fin che vuoi; ma se mi chiamerai lassù - Te lo dico prima! - quando arriverò fa in modo che tutti questi osanna e clamori siano cessati.
Perciò, se mi vorrai accanto a Te, vedi prima di zittire tutti questi caciari.
D – Su, Leo, non essere troppo rigido. Dagli eletti è ovvio che prorompa la gioia della Salvezza e che la manifestino palesemente.
L – Ma vahh! E lo faranno in eterno? Tu non conosci il Tuo Valore e hai bisogno di tutti costoro che Te lo gridino continuamente? La gioia è una cosa, ma la decenza e il ritegno è ben altro. Non mi vorrai far credere che hai la necessità d’essere adorato da mani a sera. Aggiungeranno, forse, con tutto il loro eterno clamore, qualcosa al Tuo Essere Perfetto?
Comunque sia lasciamo questo tedioso ragionamento e torniamo al discorso iniziale.
D – Non ne ho bisogno, ma è la naturale riconoscenza a chi li ha creati e poi salvati.
Ok, riprendiamo. Procederò diversamente. Perciò ti chiedo: mi ami tu?
L – Bene, Buon Dio, vedo che sei in splendida giornata. Forse, considerato il mio precario stato fisico, pensi di abbindolarmi per bene.
Sicché Ti risponderò con un’altra domanda: Tu, mi ami?
D – Che domanda inutile, Leo. Sai benissimo che amo tutte le mie creature. Perché non dovrei amarti? Chiamandoti alla vita non ti ho forse fornito di talenti particolari che altri non hanno?
L – Già, Onnipotente. Così pare. Ciò che significa: forse che ami più me di altri? Non dirmi che sono un Tuo … raccomandato, però.
D – Sicuramente no. Anche se vi è una certa predilezione; pur essendo tu, nei miei confronti. un discolo contestatore e ribelle.
L – Non dirmi però che sono un Tuo profeta. Discolo non direi, ma critico, in senso positivo, sì. Più che criticare Te, però, critico le teorie che i Tuoi illustri teologi hanno sfornato dal loro alambicco cerebrale. Non per nulla Kant affermava che la teologia è la più inutile delle scienze.
D - Sai, Leo, vi è stato anche chi la definì la più gioiosa delle scienze.
L – Credo tu alluda a Karl Barth. Da buon calvinista avrà preso il classico colpo di sole. Come sai i teologi stanno tutti tra le nuvole e l’intelletto spesso gli va poi a farfalle.
D – Kant era uno come te. Guardava alla sostanza delle cose, senza farsi ingannare da concezioni conclamate.
L – Troppo onore, Buon Dio. Kant era un grande. Io mi diletto solo in qualche concezione e analisi. Ora, poi, son pure da anni in disarmo.
D – Non essere troppo modesto. Quanti possono vantare il Riconoscimento Hegel?
L – So dove vuoi arrivare. Ti ricordo però che certe insinuazioni già le ha espresse da tempo la Leonessa. Pure allora mi sono ben guardato dal confermarle. E così faccio pure ora, anche se Tu conosci ogni cosa.
D – Sei abile, Leo, sfuggente come un’anguilla. Proprio come lo eri quando dirigevi i tuoi gruppi internazionali di intervento. Ricordi?
L – Beh, quelli son tempi passati. Quella persona non esiste più da tempo. La storia l’ha seppellita definitivamente.
D – Non direi. Non molto tempo fa non avevano, forse, cercato di … riarruolarti?
L – Non abbocco, Buon  Dio. Torna alla Tua intenzione originaria e non fare il Maligno tentatore. Quello è un Tuo antipodo e non sapresti farlo bene. A ognuno il suo ruolo; pur essendo, Tu, l’Onnipotente, certi limiti evidenti sono consoni della Tua Perfezione.
D – Ok, Leo. Ti ripeto la domanda: mi ami tu?
L – Ti risponderò a modo mio. È forse un Tuo problema saperlo? Forse non lo sai già?
Vedi, per me non è un problema sia che Tu mi possa amare, sia che Tu non mi amassi. Vivrei sempre allo stesso modo, secondo ciò che ritengo sia giusto fare in ogni frangente.
Ora, Ti raccomando, non farmi la stessa domanda per la terza volta. Io non sono Pietro e non ho alcuna intenzione di sentirmi dire di pascere, poi, i Tuoi agnelli e le Tue pecorelle.
D – Forse tu mi vuoi provocare. Nel tuo tono sento quasi una minaccia velata nei miei confronti. Sono curioso di sapere dove tu voglia andare a parare.
Perciò ti ripeterò per la terza volta la domanda: Leo, mi ami tu?
L – Buon Dio, se Tu non fossi l’Eccelso Ti mancherei di rispetto e Ti direi: qua casca l’asino. Siccome lo sei, eviterò di affermarlo.
D – Sei diplomatico oltre che astuto. Me lo hai detto senza dirmelo espressamente. Quale struggente stratagemma filosofico mi stai preparando?
L – Vedo che stai diventando perspicace. Ormai mi conosci bene, anche se non pari adeguatamente tutte le stoccate.
Vedi, giacché hai insistito, Ti esporrò il mio pensiero. Come sai, filosoficamente, spesso i conti non mi tornano. Procediamo alla maniera socratica.
D – Mi hai colto in castagna. Pensavo tu volessi procedere in modo plotiniano.
L – Dici? In effetti pur essendo modalità diverse, Plotino procedeva in modo parallelo a Socrate. Infatti, oltre ad essere considerato l’ultimo dei grandi filosofi classici, è stato il padre del filone neo-platonico. È stato un vero peccato che un tuo Padre della Chiesa, quel tale Cirillo (XV papa della chiesa copta), oltre ad aver di fatto lasciato che i suoi sgherri parabolani (monaci dei monti della Nitria, che svolgevano il ruolo di pretoriani al servizio del vescovo) assassinassero Ipazia, abbia poi proceduto allo smantellamento della Biblioteca alessandrina.
Diversamente il Tuo sommo Tommaso, mica sarebbe stato scolastico, perciò aristotelico. Sarebbe stato sicuramente plotiniano, se avesse potuto conoscere le Enneadi di Porfirio.
Sai, Plotino idealizzò molte di quelle Tue virtù che poi i vari Padri e teologi della Chiesa fissarono. L’ipostasi, per esempio è opera sua, anche se venne stabilita come dogma solo a Calcedonia.
D – Ipazia? Sai, questo nome non mi è nuovo, Leo. Stranamente, però, non è tra i miei santi.
Senti, Pietro detto Cefa, tu che tieni le chiavi del mio regno, ti risulta ‘sto nome? No? Vedo che sei sicuro, perciò non è qui tra di noi.
Leo, raccontami un po’ di lei. Sai, il Cirillo è santo e sta qua accanto, ma … potrebbe esserci stato uno … sbaglio. Lo vedo agitarsi alle tue parole. Forse sarà stata una sua marachella di gioventù, già … condonata.
Quasi mi vien voglia di laurearti “honoris causa” pure in Storia, tanto per aggiungere un’altra qualifica a quelle che già hai.
L – Tu, Buon Dio, ti sei affidato troppo agli uomini per il Tuo Regno.
Il Polacco di santi ne ha sfornati tali e tanti che la General Motors, ad esempio, al suo confronto ha fatto schifo, producendo nello stesso periodo meno auto dei … santi di lui. E appunto per questo poco fa han fatto … santo pure lui.
A Te, ad esempio, risulta che il Polacco abbia santificato un Luther King, un Plotino, un Socrate, un Gandhi, un Galileo, un Savonarola, un Arnaldo da Brescia o un Lutero, tanto per citarne alcuni? Oppure un Heghel? Dopotutto non è stato quello che oltre ad essere un buon credente ha elaborato con discreta perfezione il Tuo Divenire ed Essere?
D – Suvvia, Leo. Non saranno stati nella manica della sua “tunghina” bianca.
Ahahaahaaahhhhhh! Vedi, mi contagi; comincio ad usare le tue stesse espressioni.
L – Già, che vuoi? Chi va col lupo impara ad ululare. Così dice il proverbio.
Sai, certe volte mi vien da pensare che il buon Giulio avesse ragione.
D – Giulio chi? Quel mio papa che morì su una scala (Giulio II) colpito a morte mentre al comando delle sue truppe dava l’assalto alle mura felsinee, per assoggettare i petroniani ribelli?
L – No, Buon Dio. Fu più volte premier di Itachia. Sai, un giorno mi disse nel suo ufficio: Leo, forse hai ragione. A pensar male certe volte ci si azzecca!
D – Come sarebbe a dire? Non ti capisco.
L – Capirai da Te prima o poi. Ora ti faccio una domanda semplice, da barrare quella giusta con una crocetta come ai quiz per la patente di guida: certi delinquenti (disonesti, inetti, intrallazzatori, arrangioni, affaristi …) stanno in prigione o in parlamento? Forse è così anche in … Paradiso per i santi? Ovviamente non intendo generalizzare.
D – Leo, sarò diplomatico e non ti risponderò. La risposta la sai già benissimo. Ora capisco perché in quel luogo non hai mai accettato di sederci.
L – Non avrai imparato da Pilato a lavarti le mani in pubblico, ehhh? Ho capito la … risposta!
Sai, ultimamente han fatto santo pure quel controverso fondatore dei “nazisti di Dio” - come li chiamo – nonostante fosse in odore di pedofilia. Poi, come sai, mancava pure un santo protettore dei cafoni. Ora nell’annuario ci sta pure quello. Però ha il merito, come l’altro, d’aver costruito un impero finanziario, nonostante fosse un … fraticello … poverello.
Il bello è che i tuoi vicari in terra con il Decretamus parlano ex cathedra. Sicché se hanno sbagliato alla fine è … colpa Tua. E Tu, lassù, te li godi poi tutti.
D – Che vuoi, Leo? Tutte le colpe gli umani le addossano alla fine sempre a Dio, perciò a me: è il frutto della loro insipienza. Non vi è forse, in materia, il detto vox populi, vox Dei?
I greci non dicevano forse che, quando uno era colpito da un fulmine, era perché aveva fatto torto a Zeus, facendolo arrabbiare?
L – Già; bravo, proprio così! Solo che Zeus non è mai esistito. Non sarai mica il suo … sosia … moderno?
Ma lasciamo perdere. Perciò procederò con Ipazia.
D – Bene, desidero aggiornarmi su questo argomento.
L – Siccome non sono eterno come Te, a quel tempo non c’ero. Ti ragguaglierò, perciò, sui cenni storici esistenti.
Il prodromo nasce da Teodosio. Quello, per intenderci, che impose il Latrocinium ephesinum.
Ebbene, costui promulgò un editto nel 380 d.C. - editto di Tessalonica - nel quale suddivideva di fatto il potere in politico e religioso, oltre a stabilire il credo niceno come religione di stato. Entrambi i poteri viaggiavano quindi in modo autonomo e indipendente in parallelo, e l’uno non poteva interferire sull’altro. Nell’editto si sanciva pure il primato episcopale teologico di Roma e di Alessandria su tutte le altre.
A questo ne fece seguire l’anno dopo un altro, col quale si proibivano gli antichi riti pagani, divenuti perciò fuorilegge.
In seguito a ciò la situazione in Alessandria diventa ad un certo punto esplosiva, sfociando in aperte sommosse.
Teodosio nel 390 e 391 promulgò altri decreti, sollecitato dall’influente vescovo di Alessandria Teofilo, nel quali si sancisce la proibizione di qualsiasi culto pagano, equiparando il sacrificare nei templi al delitto di lesa maestà, punibile con la morte. Si ordinava, inoltre, la distruzione di ogni tempio pagano, compreso quello munifico di Giove Serapide (Serapeo). Su insistenza di Teofilo sfuggiva alla distruzione solo quello di Dioniso, venendo donato a costui per farne una chiesa. Teofilo, in precedenza e con l’avallo imperiale, aveva trasformato il munifico tempio Cesareo (dedicato ad Augusto) in cattedrale.
La distruzione del Serapeo, portò alla sommossa degli elleni, che dopo aver occupato il tempio con la forza lo lasciarono per non essere sopraffatti, disperdendosi poi in altre regioni.
Ipazia, succeduta a Plotino alla direzione della scuola neoplatonica, era un punto di riferimento importante per la cultura alessandrina e mondiale. Pare, che pur essendo agnostica al cristianesimo, mediasse con Teofilo per impedire gravi spargimenti di sangue. Certo è che la popolarità e la fama di Ipazia accrebbe a dismisura dopo quei fatti, diventando il faro, nell’impero orientale, dell’importante movimento politico e culturale degli Elleni, sostenitori della tradizione culturale greca indipendentemente delle singole adesioni ad una determinata fede.
La tregua tra le varie correnti culturali e religiose – politeista e cristiana – pare chiudersi nel 412 con la morte di Teofilo e con l’avvento sul soglio episcopale alessandrino del Tuo “buon” Cirillo, suo nipote, – permettimi l’espressione: che Dio l’abbia in gloria! Infatti da secoli te lo godi lassù – il quale accentua lo scontro tra le varie anime cultuali con l’intento di annientare la parte avversa, volendo far diventare il proprio episcopato un vero e proprio principato sulla città.
In Alessandria a quel tempo vi era come prefetto imperiale Oreste, per nulla credente, al quale Cirillo voleva togliere le prerogative del potere politico, intendendo assumerle di persona. Per attribuirsi poteri che non gli spettavano, pur negandolo mendacemente, Cirillo paventava (fomentava) pubblicamente nelle sue omelie e insegnamenti che la lotta religiosa potesse riproporre lo spettro di un aperto conflitto tra il cristianesimo e il paganesimo. Per far ciò si serviva di un suo fedelissimo, un certo maestro Ierace, sempre pronto ad applaudire con i suoi il vescovo ad ogni sua pubblica sortita.
Nel 414 alcuni ebrei, stanchi dei soprusi cristiani, denunciarono al prefetto lo Ierace come fomentatore di scontri e di discordie. Oreste lo fece arrestare e torturare.
Cirillo reagì a suo modo, minacciando gli ebrei. Questi reagirono a loro volta massacrando un certo numero di cristiani. Al che, Cirillo, con l’aiuto dei parabolani, massacrò la comunità ebraica, la cacciò dalla città e distrusse tutte le sinagoghe.
Oreste si indignò moltissimo perché una città tanto importante era stata svuotata da moltissimi suoi esseri umani; ma a causa dell’editto imperiale di Teodosio del 384, che sanciva che il clero potesse essere assoggettato al solo foro ecclesiastico, non poté nulla, se non inviare la sua preoccupata relazione a Costantinopoli.
I parabolani se la presero con Oreste, non si sa su “istigazione” di chi.
A tal proposito, Buon Dio, Tu hai … un’idea da chi provenisse l’istigazione?
Perciò successe che i parabolani in gran numero si appostassero sul percorso di Oreste, quindi circondatolo lo riempissero di insulti, accusandolo d’essere sacrificatore ed elleno. Costui, temendo un’insidia architettata da Cirillo si proclamò cristiano per non rischiare la vita, affermando d’essere stato tempo prima battezzato dal vescovo Attico a Costantinopoli.
I parabolani non accettarono ragione ed uno dei loro capi, Ammonio, colpì Oreste al capo con una pietra.
Accorsero per il clamore molti alessandrini per dar manforte alla scorta militare del prefetto, disperdendo i parabolani. Presero Ammonio e lo consegnarono ad Oreste.
Il prefetto lo mise sotto processo secondo le leggi, spingendo a tal punto la tortura che costui morì. Indi inviò la relazione a Costantinopoli; ma a sua volta Cirillo ne inviò una opposta, manipolando la verità.
Cirillo fece, inoltre, collocare il cadavere di Ammonio in una chiesa, cambiandogli il nome col il greco Thaumasios (ammirevole), dichiarandolo martire della fede. Cosa che non era vera, essendo costui stato processato per un delitto politico verso il prefetto imperiale (praefectus augustalis) e non per essere costretto ad abiurare la fede cristiana .
D – Tutto vero, Leo? O maldicenze dei pagani?
L – Senti, Buon Dio, Tu puoi benissimo informarTi, ma tutto ciò che ti ho testé raccontato l’ho tratto dagli scritti (Historia ecclesiastica) di uno storico cristiano del tempo, Socrate Scolastico – teologo, avvocato e storico della Chiesa -, che, come chi a quel tempo ebbe senno, compresi i cristiani, prese le distanze dagli intrighi del Tuo “santo” Cirillo. Pure Damascio, filosofo pagano, riferisce negli stessi termini.
D – Ok, procedi.
L – Oreste era in ottimi rapporti con Ipazia; e Cirillo si rodeva perché la casa di costei era molto frequentata per la sua fama di filosofa e scienziata.
Così Socrate Scolastico racconta: (Ipazia) s'incontrava alquanto di frequente con Oreste, l'invidia (di Cirillo) mise in giro una calunnia su di lei presso il popolo della chiesa, e cioè che fosse lei a non permettere che Oreste si riconciliasse con il vescovo. E più avanti così racconta: (Cirillo) si rose a tal punto nell'anima che tramò la sua uccisione, in modo che avvenisse il più presto possibile, un'uccisione che fu tra tutte la più empia.
E, in tale clima, si organizzò l’omicidio di Ipazia. S’era in quaresima del marzo 415.
I parabolani, guidati da un certo Pietro, ch’era lettore, si appostarono sui luoghi del suo passaggio. Giunta costei, assalirono il suo carro, la trascinarono nella vicina cattedrale (ex Cesareo), le strapparono i vestiti e con delle conchiglie la scarnificarono tutta. Dopo averla fatta a pezzi la smembrarono, condussero i miseri brandelli nel Cinerone e li distrussero, bruciandoli per cancellare ogni traccia.
La sua morte non fu meno incruenta della Tua crocifissione.
Così Damascio scrisse nella biografia di Ipazia: una massa enorme di uomini brutali, veramente malvagi [...] uccise la filosofa [...] e mentre ancora respirava appena, le cavarono gli occhi.
Il clamore suscitato nell’impero da questo omicidio fu enorme, tanto che la corte dovette aprire un’inchiesta ufficiale sull’operato di Cirillo.
In Costantinopoli regnava a quel tempo Elia Pulcheria, sorella di Teodosio II. Costei era assai vicina alla posizione di Cirillo.
Damascio scrive che il caso fu archiviato a seguito della corruzione di funzionari imperiali. Similmente afferma Socrate Scolastico, quando sostiene che la corte imperiale fu corresponsabile dell’omicidio non essendo intervenuta, malgrado le sollecitazioni del prefetto Oreste, a porre fine ai disordini, precedenti l'omicidio, causati da Cirillo.
D – Tutto ciò mi rattrista e mi addolora, Leo.
L – Lasciami essere sarcastico, Buon Dio, in modo che Tu Ti possa addolorare maggiormente con questa mia conclusione sul caso: Cirillo e Elia Pulcheria furono dichiarati “santi” dalla Tua Chiesa. Forse proprio per … questo omicidio. Infatti ora sono … con Te nella Tua Gloria.
D – In effetti, Leo, ti devo dar ragione: qualcosa deve essermi sfuggito nel tempo sulla santità delle persone, e dunque pure sulla loro Salvezza. Credo che dovrò rivedere i miei parametri di Giustizia nel giudicare, oltre a correggere lo Pneuma nell’ex cathedra.
Tuttavia tu sai che tutti coloro che sono con me nel mio Regno sono stati salvati e redenti dal Sangue dell’Agnello, avendo creduto in Lui. Sono santi tutti, indistintamente dalla proclamazione della mia Chiesa terrena.
L – Su questa teoria teologica, Buon Dio, avrei molto, ma molto, da discutere. Sarà pur vero che Tu hai pagato allo stesso modo chi ha lavorato un’ora nella tua vigna, alla stregua di chi ci lavorò tutto il giorno.
Mi sta bene pure il pentimento del penitente e il Tuo perdono (condonare). Tuttavia vi sono fatti, come si dice nei peccati capitali, che gridano giustizia davanti al Tuo cospetto.
Pertanto sarebbe opportuno che certi delinquenti si evitasse almeno di proclamarli santi quaggiù.
D – Capisco le tue perplessità; ma, come si diceva prima per gli uomini vox populi è vox dei. Ciò non significa che vox dei sia sempre vox populi. Sai benissimo che ciò che è nell’intelletto dell’uomo non necessariamente è nell’intelletto di Dio. Sono due Volontà distinte che non sempre si sovrappongono.
L – Su ciò condivido e non contesto. Aggiungo solo che una maggiore cautela sarebbe utile, specie con certi personaggi assai discutibili sia eticamente che moralmente.
Poi, scusa, nel tuo regno ci sono pure quei santi, mai esistiti, che ora sono stati tolti dall’annuario? Dai, rivedi il Decretamus! Ha toppato troppe volte per essere … infallibile.
D – Vedremo cosa si potrà fare. Come sai gli uomini, compresi i miei ministri, sono talora di dura cervice, specie se devono consolidare certi privilegi.
L – Ma non mi dire!
Comunque ora si fa tardi. Riprenderemo la prossima volta. Ora, se permetti, scendo dall’altro versante e cerco i funghi per prepararmi il pranzo.
D – Leo, nel tuo stato fisico attuale devi usare più giudizio e molta prudenza. Raddoppi in questo modo la strada del ritorno, anche se so benissimo che hai esperienza da vendere per reggere lo sforzo.
Conosco pure i tuoi impegnativi progetti a breve. Ti prego: non esagerare! Come sai la Leonessa è assai preoccupata; a me giungono le sue invocazioni perché tu receda, anche se la mia Volontà è ininfluente su di te.
L – Capisco! Ma a ciò avevo già pensato. Reggerò, tuttavia, perché lo voglio.
Comunque sia quando schiatterò morirò in piedi, questo è certo.
D – Beh, io son morto in croce, ma pur sempre … in piedi.
Buona giornata e ritorno, Leo. Arrivederci!
 
Leone si alzò, si mise lo zainetto e con passo lieve iniziò la discesa dalla parte opposta, deciso a cercare funghi.
Nell’attenta ricerca di macromiceti raccolse due splendidi esemplari di prataiolo e due di lepiota.
Il pranzo succulento era assicurato, nonostante la stagione micologica fosse scadente.
 
Sesac