martedì 23 giugno 2015

MIgranti e emigranti.


Già da tempo ero intenzionato a trattare del problema, perché questo diventa ogni giorno non solo di attualità, bensì impellente con tutte le connessioni politiche, sociali e pure religiose.
Tempo fa in un articolo - Papa Francesco: Caino, dov’è tuo fratello? – trattai marginalmente di ciò in maniera teologica e filosofica, attirandomi le ire di uno di quegli idioti “zucca banchi” accolturati ( non è un errore grafico perché sottintende coltivati) che oggi infestano, più che popolare, le chiese alla domenica.
Perché, come si sa, tra un cretino e un idiota vi è una sostanziale differenza: il cretino prima o poi capisce l’errore e si ravvede nelle sue convinzioni, mentre l’idiota persevera sempre fino alla morte.
Per la serie: solo gli asini non cambiano mai.
Molti, infatti, specie nel campo cattolico, inquadrano la questione solo nell’ottusa ottica di quel buonismo peloso e di quel pietismo urticante - basato su un’accoglienza a tutti i costi -, che è incapace di risolvere il problema non solo a breve, ma soprattutto a medio termine.
Perché se le previsioni degli esperti si avvicinano alla realtà, la migrazione dalla sola Africa verso l’Europa di ben 80 milioni di persone nei prossimi 10 anni (stima al ribasso) pone un grande problema di programmazione sociologica, politica e di welfare strutturale di come selezionare, accogliere e sistemare (con abitazioni e lavoro) una così ingente massa di persone. Basti pensare che in soli 2 paesi africani (Senegal e Ghana - paesi dove non c’è né guerra, né persecuzioni) sarebbero pronti a partire già ora ben 8 milioni di persone. E, guarda caso, tra i migranti dei barconi vi sono molti di queste nazioni.
Il problema diventa maggiormente arduo se si considera la grande crisi economica/finanziaria che ha colpito tutto il mondo occidentale e l’Europa in particolare.
 
Quando Letta lanciò Mare nostrum era ovvio che ciò avrebbe fatto aumentare a dismisura il flusso di migranti. Infatti, un conto è fare su una carretta o su un gommone qualche decina di km in mare e un altro è l’affrontare centinaia di miglia per raggiungere le coste greche o italiane. Diminuendo i rischi aumentano le probabilità e si facilita l’organizzazione d’imbarco.
Ciò fu un gravissimo errore politico del Governo italiano, nonostante, allora, le sommesse contrarietà in proposito di molti stati Ue; ora rese maggiormente eclatanti con il blocco dei varchi doganali di alcuni stati membri.
Ma, siccome la colpa spesso non è sempre addebitabile ad un singolo, ben più grave fu l’errore della politica americana, che dopo aver eletto un incapace a Presidente, pensò bene di destabilizzare tutta la zona del Maghreb, attaccando insieme a un altro incapace (Sarkozy) la Libia di Gheddafi, prima ancora del mandato Onu.
Ritengo, infatti, che a certi livelli un esperto governante dovrebbe avere già ben presente, quando decide una determinata linea politica o d’intervento armato, tutte le implicazioni future che ciò può comportare.
Questo errore macroscopico, ora riconosciuto da tutti, fu il là a quel flusso sempre più consistente di migranti verso le coste mediterranee dell’Ue.
Non voglio pensare che questi capi di stato siano malvagi, cioè che abbiano fatto ciò per un preciso progetto politico ed economico, come: destabilizzare determinate aeree geopolitiche per vendere armamenti. Anche se molti sostengono che tutto ciò fu l’esecuzione di una precisa e complessa strategia.
 
Migranti e emigranti non sono la stessa cosa. I migranti sono una massa che per varie ragioni passa da un territorio all’altro; gli emigranti sono coloro che cercano una nuova collocazione lavorativa altrove, non avendo sbocchi nel proprio paese.
Entrambi partono, ma con finalità e progettualità diverse. Portando il tutto al paradosso si potrebbe affermare che il migrante è un parassita per la società destinazione, l’emigrante un soggetto fattivo, produttivo e operativo.
Di popoli migranti è piena la storia umana, iniziando dalla tribù di Abramo, passando per le orde barbariche dei tempi romani, per giungere oggi a tutta questa massa che molti media vogliono far passare per “disperati”.
Leggendo la Bibbia, Dio ci mise poi del suo non solo con la promessa ad Abramo della Terra promessa, ma con altre azioni mirate o vendicative, come la Torre di Babele.
La prima grande emigrazione della storia avvenne negli anni della Grande depressione (1873-1895) su due direttive: la prima interna dalle aree rurali a quelle industrializzate, la seconda continentale e extra continentale. Sulla direttrice sud-nord in Europa e est-ovest verso le Americhe (Stati Uniti, Argentina, Brasile). Proseguendo poi anche nei decenni successivi.
Non a caso la Chiesa di quel tempo con un suo grande vescovo – Monsignor G.B. Scalabrini, 1839-1905 – creò una congregazione di preti atti ad assistere gli emigranti all’estero. Tanto che Leone XIII lo definì Padre degli emigranti.
Il flusso migratorio fu allora prodotto da una gravissima crisi strutturale. Quello attuale da un’incontrollata esplosione demografica.
Basti pensare che il solo Egitto è passato dai 25 milioni del dopoguerra agli oltre 80 milioni attuali. E le stesse proiezioni egiziane indicano che nei prossimi 40 anni l’attuale popolazione si raddoppierà.
 
La società U.S.A. è un esempio pratico multirazziale e plurirazziale. Infatti, in questa si trova sia la ghettizzazione che l’integrazione.
Singolare è l’analisi sociologica del cattolicesimo, che se da un lato per fini idealistici propri predica l’accoglienza a tutti i costi – Papa Francesco: a) Chiediamo perdono per chi chiude le porte ai propri fratelli. b) Costruite ponti, non muri. – è di per sé stesso un fattore multiconfessionale e non pluriconfessionale.
Un Papa, infatti, può benissimo andare a pregare anche in una moschea o al Muro del pianto, ma la storia insegna che non può mai rinunciare alle sue peculiarità ideologica, integrandosi con le altre religioni. La stessa divisione tra le Chiese cristiane, plurisecolare o millenaria, ne è l’inconfutabile prova maggiore. Integrarsi significa soprattutto fondersi, amalgamarsi, sincretizzarsi e sincronizzarsi.
Per la serie: uniti in Cristo, ma non nella pignatta.
Traendone le conclusioni si può con estrema ragione affermare che la religione sia il confine invalicabile tra il multirazziale e il plurirazziale, proprio perché essa è un fattore corporativo sociale, tesa a differenziare più che ad amalgamare. La religione non è mai un fattore solo individuale e personale.
Non per nulla i cristiani in generale e i cattolici in particolare han sempre, nella storia, pensato d’essere la Luce tra le Tenebre del mondo. Riducendo ai minimi termini: i giusti tra gli ingiusti, i santi tra i malvagi, i benedetti tra i dannati.
 
La storia insegna che i migranti hanno solo e sempre creato società multietniche, anche quando si sono insediati per questioni di lavoro; mentre gli emigranti sempre società plurietniche. Cito, a solo esempio, gli ebrei in Egitto.
Al di là della terminologia che può essere indigesta a molti, basti dire che il migrante è un corpo estraneo alla società in cui s’insedia, mantenendo usi, costumi, lingua e tradizioni proprie. Di fatto non s’integra.
Mentre l’emigrante, dopo l’ambientamento, tende ad assimilare, diventando, di fatto, un cittadino della sua nuova patria.
Il migrante non pone radici, l’emigrante si radica. Il primo resta un corpo sociale estraneo, il secondo diventa un soggetto fattivo. Il primo è transumante, il secondo stanziale.
Ricordo che negli anni ’70, viaggiando per lavoro in Germania, già a molta distanza si riconosceva esattamente un turco; proprio come lo stesso turco oggi lo si riconosce allo stesso modo, pur essendo trascorsi decenni, nella stessa Germania.
 
I media ci propinano giornalmente che tutti questi migranti sono gente disperata in fuga da persecuzioni, fame e guerre. Se così fosse durante il secondo conflitto bellico in Europa non sarebbe rimasto più nessuno.
Ragionando più nel dettaglio e analizzando i dati ufficiali resi pubblici, si evince che i requisiti per ottenere il diritto di asilo per ragioni umanitarie (per le ragioni suddette) spetta solo a un’esigua minoranza di tutti questi migranti che approdano sulle coste Ue.
Stando ai dettami del Trattato di Dublino tutti gli altri dovrebbero essere rimandati indietro.
Singolare è poi il fatto dell’iter immigratorio scelto da questa massa di persone, fuori dai canali convenzionali e ufficiali. Perciò clandestini e illegali.
Quindi, considerato che molti di questi clandestini provengono o da paesi arabi mediterranei o da paesi dell’Africa equatoriale, va fatto pure un ragionamento a monte sulla loro “disperazione”, considerato che per giungere in Libia e imbarcarsi su un barcone vi sono migliaia di km da percorrere e, non cosa di poco conto, l’attraversamento dello stesso Sahara. Se poi aggiungiamo che per imbarcarsi devono sborsare migliaia di dollari, giova interrogarsi sul perché per costoro non sia molto più comodo, veloce ed economico, oltre che assai meno rischioso, prendere una nave o un aereo di linea per giungere nel paese prescelto.
 
L’Italia fu, in seguito alla Grande depressione, un paese di emigrazione. Tuttavia sui grandi bastimenti in partenza per le Americhe vi erano migliaia di disperati e affamati, ma muniti tutti di documenti per l’espatrio. E giunti a destinazione venivano identificati, registrati, visitati e controllati se con tutti i requisiti richiesti per essere accettati ed accolti. Quindi smistati dove serviva manodopera e si poteva dare lavoro. Magari dopo un periodo di quarantena per evitare pandemie più o meno gravi e contagiose.
La stessa cosa avveniva sulla direttrice sud-nord nel continente, anche se pure allora vi era una parte di disperati che espatriavano illegalmente passando tra le montagne.
Va però sottolineato che la società di allora richiedeva manodopera da braccia, non specializzata. Serviva una forza lavoro e non di intelletto o di specializzazione come ora. Cosa che la massa di migranti clandestini attuali non è assolutamente in grado di offrire.
 
Singolare è il comportamento dell’attuale Governo italiano, che di fronte a questa ingente marea umana si è dimostrato impotente e impreparato. Oserei dire: addirittura sprovveduto.
Non oso immaginare cosa succederà quando questa massa di migranti si raddoppierà, come da previsioni, nei prossimi mesi estivi.
Stando al Trattato di Dublino ogni persona che giunga illegalmente, perciò clandestinamente su una qualsiasi costa del territorio Ue, deve essere registrata, identificata e schedata con le proprie impronte digitali. Diversamente rispedita indietro.
Purtroppo, invece, assistiamo a gente che indisturbata gira per l’Italia senza documenti, magari anche con casi di malattie gravi e contagiose, come scabbia e malaria; come quelle ora registratesi alla stazione di Milano.
Al che è facile supporre che costoro vengano fatti semplicemente sbarcare; e senza altra prassi burocratica e di sicurezza siano lasciati andare dove meglio loro aggrada. Come Ventimiglia sta a dimostrare.
Ai valichi con Austria, Svizzera e Francia gli stati membri hanno creato o barriere blindate (Francia) o pressanti filtri ai valichi, respingendo tutti coloro che sono sprovvisti di documenti o che non hanno alcun diritto a passare (Brennero, Chiasso).  Riportando indietro quelli che dopo aver eluso i controlli vengono fermati più avanti.
 
Al di là del fatto che l’Ue ci abbia sbattuto o no la porta in faccia sull’immigrazione clandestina, al di là del fatto che più o meno giustamente Papa Francesco dica la sua senza però proporre alcuna possibile risoluzione al problema, al di là del fatto che si abbia un Governo di eventuali sprovveduti e di incapaci in materia, sta il fatto certo che la maggior parte dei cittadini italiani e Ue è contraria a questa ingente marea di persone che si riserva sulle coste dell’Europa meridionale a mo’ di invasione, soprattutto perché ciò implica questioni di sicurezza e sociali, che farebbero lievitare notevolmente i costi pubblici.
Cameron ha vinto alla grande le elezioni britanniche sbattendo sul tavolo negli ultimi giorni la questione immigrati. In Danimarca e in altre nazioni idem. In base a ciò si può dire che il destino di un prossimo governo – non solo in Italia – è basato proprio sul problema migranti clandestini.
 
I flussi attuali migratori sono un grande problema che coinvolge non solo le coscienze, ma soprattutto la sostenibilità dei vari sistemi statali. Perché se da un lato con una lungimiranza organizzativa si possono accogliere alcune centinaia di migliaia di persone in ambito Ue, è ovvio che mai si potranno accogliere nei prossimi 10 anni ben 80 milioni di persone, specie se di gente che può solo offrire la nuda forza lavoro delle proprie braccia e non una specializzazione.
Perché, al di là delle omelie da buon parroco di campagna di Papa Francesco, si rischierà di fare la fine di quel capitano di nave, che a forza di raccogliere naufraghi in mare aperto per non farli annegare finì poi per far inabissare la propria nave per le troppe persone issate a bordo.
Domanda pertinente: andò poi in paradiso per il suo buon cuore o all’inferno per la sua dabbenaggine?
Sull’appropriata risposta, pregasi rivolgersi al … buon Dio o a Papa Francesco.

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