ovvero:
Il salvataggio/swap Grecia è una burla ben preparata.
Ad alcuni forse sarà sfuggito, ma la Grecia non è salva. E dietro questa operazione di maquillage ci sta ben altro: sostegno al differenziale italiano e spagnolo, favoritismi (elargizioni) alle banche e ulteriore austerità e rigorismo in arrivo per il cittadino.
La ricetta parte da lontano; in pratica dall’avvento di Draghi alla Bce con il monetarismo moderno americano – l’opposto del rigorismo di Trichet - e la pressione internazionale per il cambio di Governo in Italia.
La Grecia è solo una cenerentola che serve per ben altri progetti, perciò la vittima sacrificale. Infatti, nessuno la salverà e l’attuale swap al 75% non è altro che un vero fallimento. Ma non è ancora finita e tra non molto il problema si ripeterà. E questo i nostri politici Ue ben lo sanno, a meno che siano … idioti del tutto.
Attualmente la Grecia ha circa 350 mld – già al netto delle precedenti ristrutturazioni - di Debito sovrano, pari al 160% del suo Pil. Con lo swap dei privati lo ridurrà di ben 107 mld, portandolo al 120% del Pil. Teoricamente potrebbe reggere, ma con una recessione oltre il 5% ufficiale – in realtà superiore al 7% - neppure con i 130 mld della Troika riuscirà ad andare avanti, ammesso che questi siano elargiti in toto, vista la situazione in cui si trova e l’hanno ridotta.
Dei 107 mld si calcola che circa il 15% siano riconducibili a retail, perciò a normali cittadini che hanno sottoscritto i Titoli sovrani ellenici su proposta di banche o per decisione consapevole (?) propria. Tradotto l’importo in nuda cifra il contribuente/finanziatore avrà complessivamente una perdita minima di circa 16 mld di capitale.
Se l’adesione allo swap superasse il 90% - lo si saprà a breve – l’investitore retail potrebbe ricevere tutto il capitale investito; ma è probabile che l’operazione sia pilotata e che ci si fermi sotto tale soglia, nonostante il Financial Times abbia ipotizzato un’adesione del 95%.
Parlavo di contribuente/finanziatore proprio perché l’operazione complessiva grava sulle spalle dei cittadini Ue e non delle banche. Vediamo comunque nel dettaglio.
La Bce con 2 operazioni di quantitative easing ha immesso liquidità, a tasso agevolato dell’1%, nelle casse delle banche per quasi 1.100 mld di €. Ovviamente il procedere con l’immissione di tale importo equivale a stampare altrettanta moneta, perciò a creare svalutazione e inflazione strisciante. Va considerato che le analoghe operazioni fatte dalla Fed non hanno mai superato gli 800 mld di $ annui – e neppure per anni consecutivi -, che equivalgono a circa 600 mld di €. Là, però, andavano anche ad aziende e cittadini, onde sostenere i consumi e incrementare il Pil.
L’economia Ue è molto lontana nelle cifre complessive da quella americana. Perciò la cifra impegnata dalla Bce appare spropositata a sostenere l’economia che, in verità, è in vera recessione. Infatti, non serve a questo fine, ma solo alla grande finanza.
Non è però spropositata se la si inquadra nell’ottica di una finalità ben precisa: sostenere l’acquisto massiccio da parte delle banche Ue di bonds italiani e spagnoli per far scendere (stabilizzare) lo spread sotto i 300 punti.
Con questa manovra le banche Ue, nel giro di poco più di 2 anni, recupereranno la perdita derivante dallo swap greco. Infatti, avranno una perdita secca di circa 90 mld di €, ma una rendita netta di 35/40 mld annui per l’investimento in titoli italo/ispanici. Perciò chi effettivamente ci perderà sarà il vero retail, che in aggiunta all’eventuale capitale perso dovrà pagare le imposte per finanziare quest’operazione; oltre che a subire l’aumento della pressione fiscale, l’inflazione e la svalutazione. Non si dimentichi, infatti, che nelle casse delle banche italiane ha depositato nei C/C circa 9.000 mld di liquidità (da statistiche) che le banche usano per finalità (speculazione) propria.
Il differenziale italiano e spagnolo procede di conserva e da quando è iniziata l’operazione della Bce è sceso gradualmente. Oggi appena sotto i 300 punti.
Ciò – è bene dirlo – è una buona cosa; non lo è, però, se il tutto è inglobato in un contesto generale che veda regole e impostazione del mercato mobiliare ancora nella totale immobilità.
I titoli sovrani, infatti, è molto probabile che siano immessi per ulteriori lucrose manovre finanziarie sul mercato, perché se poi il differenziale cresce ci si può guadagnare ulteriormente. La Bce con l’utile conseguito sul differenziale greco lo insegna.
Il fare battage pubblicitario sul “prodigioso” operato del Governo Monti non regge all’analisi dei fatti, se non nelle dichiarazioni pubbliche di Goldman Sachs, di cui Draghi e Monti furono fino a poco fa, non a caso, International advisor.
I differenziali Ue si muovono praticamente in parallelo; perciò il loro corso è dettato dal mercato e non dall’operato dei rispettivi governi.
Le nuove imposte volute da Monti stanno per entrare in funzione, compresa l’iva - 12% e 23% - che scatterà ad ottobre. Seguendo le proiezioni Istat e basandoci sugli importi che ne scaturiscono il costo per ogni famiglia italiana equivarrà in media a circa 1.500 € annui. Rapportati a circa 16 mln di famiglie si ottengono 24/25 mld di €, che equivalgono alla manovra fatta dall’attuale governo.
Moltiplicando il tutto per 3 anni si ha esattamente la differenza complessiva di tasso che la Bce non farà pagare alle banche Ue (1% invece dell’1,75% ufficiale per prestito corrente).
Al che il dubbio che lo swap greco sia finanziato solo da qualcuno appare legittimo, specie considerando alcune precedenti affermazioni della Merkel sulla capacità italiana di salvare da sola l’€.
Le società di rating sono spesso vituperate. Possono fare alcuni errori, ma in generale sono nel giusto.
Infatti, nel 2010 classavano la Grecia A-, ed ora … D. Uno swap del 75% non può essere considerato altrimenti.
Al capezzale della Grecia ammalata accorse (interessata) una grande banca internazionale, prodiga di consigli per rimettere in sesto la salute economica di quel paese. Tant’è che è in fallimento totale dopo tali progressivi e illuminati consigli.
L’Italia oggi viene classata ancor meno (da A- a BBB) della Grecia del 2010 ed è probabile che segua la sua stessa strada di precoce decadenza, visto che i “rimedi” sono gli stessi di quelli consigliati (imposti) a suo tempo allo stato ellenico.
Il sospetto di molti analisti indipendenti - visto anche l’attuale smembramento di Snam da Eni – è quello che queste operazioni di austerità e di liberalizzazioni pilotate abbiano – come per la Grecia a suo tempo – il fine di mettere gli ultimi gioielli nazionali nelle mani di potenti finanziarie internazionali, che da tempo vorrebbero appropriarsene a costo irrisorio, oltre al fine ultimo di rendere l’operaio Ue – specie delle nazioni mediterranee - similare in costo di manodopera e “servitù” a quello indiano o cinese.
La CIG in febbraio da noi è cresciuta del 50% rispetto al mese precedente e del 16% rispetto ad analogo periodo dello scorso anno. Ciò significa che le imprese chiudono non essendoci più né le prospettive economiche, né quelle ambientali per poter procedere oltre. Di conseguenza oltre alla recessione si accrescerà la disoccupazione, specie se la riforma del lavoro avrà l’esito scontato di privare l’occupato di ogni garanzia, oltre a togliere quelle tutele di salvaguardia che oggi ancora esistono.
La contestazione alla classe politica monta ovunque; e pure Napolitano pare accorgersene, per cui comincia (è una mia opinione) a pensare d’essere stato … ben gabbato.
I mercati, dopo alcuni flussi emotivi e positivi, ritorneranno probabilmente a scendere, perché quando si è in recessione e la disoccupazione esplode – oltre alla rabbia sociale – è ovvio che non si possa campare sulle nuvole.
L’Italia aveva un forte e innovativo manifatturiero composto per lo più da PMI, che ora viene quasi totalmente smantellato. La Germania insegna che se regge ancora il mercato è perché ha protetto, incentivato e potenziato il proprio manifatturiero. Infatti, mentre la Fiat chiude degli stabilimenti e corre altrove, la Volkswagen da un bonus di 7.500 € in premio ai suoi dipendenti e la Bmw accresce il proprio utile operativo del 51,3%, aumentando il dividendo ai suoi azionisti.
Non vi sono ricette miracolistiche di “noti” economisti basate su austerità, tasse e sola finanza, proprio perché un’operazione finanziaria può mettere un tampone, ma non risolvere un problema: non si crea ricchezza senza lavoro manuale! Lo swap greco è proprio tale grezza operazione.
Ormai la burla è completa. La Consob – dopo aver revocato lo short selling - si limita a inoltrare comunicazione alle banche in modo di essere il più chiare possibili; mentre il commissario Ue agli affari economici Olli Rhen se ne viene fuori con la barzelletta del giorno, dichiarando testualmente che il concambio dovrebbe avvenire senza problemi – per lo swap greco -, perché l’operazione è interessante dal punto di vista finanziario, non specificando però … per chi. Ogni tanto, però, afferma pure che le società di rating sono al servizio degli U.S.A.
Sarebbe più utile se si interrogasse se lui sia al servizio di qualcuno; e se i noti economisti che hanno rovinato la Grecia e che stanno pure rovinando altre nazioni Ue lo siano.
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