Alcuni lettori si lamentano perché da un po’ di tempo sono “troppo assente” nel pubblicare articoli.
A tutti faccio semplicemente rilevare che la vita non si compone di soli articoli, ma di priorità nel procedere giornaliero.
Perciò sono obbligato a fare di necessità … virtù.
Purtroppo questi impegni assunti mi condizioneranno per diverso tempo.
Uno ha notato un mio commento di risposta altrove e mi ha sollecitato a pubblicarlo sul mio blog, ritenendolo interessante anche se breve. È datato.
Non voglio entrare in dettaglio nella tematica che lo ha prodotto anche perché in parte personale.
Mi limito, perciò, a pubblicarlo senza altro commento.
Non aveva neppure un titolo ed allora gli do semplicemente questo:
Comprendere e colloquiare.
Spesso capita che qualcuno non accetti una specifica critica politico/sociale al proprio pensare. E questo ci può stare.
Quello che non ci può stare, e lo dico col sorriso sulle labbra e con la serenità di sempre, è che la scambi per un teorico aggancio personale, scendendo nell’eterolalia compulsiva del dialogare fanciullesco, travisando i concetti seguiti e portando il tutto su un pedissequo attacco personale.
È un modo come un altro per mettersi l’aureola. Ma questo non mi interessa, né mi disturba, essendo in una società democratica.
Ho citato, contro la mia abitudine, una mia specifica esperienza. Forse a qualcuno questa esperienza vissuta, e riconosciuta a suo tempo anche dai media, da fastidio, come se il tarlo dell’egocentrismo narcisista lo rodesse. Ma pure questo non è un problema mio.
La mia citazione era solamente relativa ad una mia interpretazione, espressa da due lettori, nella quale ravvisavo che mi si addebitasse un attacco all’integrità cattolica: un attacco laico/agnostico e relativista.
Il ritenermi un “vero” credente non inficia l’esserlo altrui, bensì ribadisce il concetto che tra il credere e il pensare vi è una certa sostanziale differenza.
Antonio, e altri, hanno inteso benissimo il discorso e l’esigenza di non asserragliarci nel ghetto confessionale.
È inutile dirlo e ribadirlo: siamo in netta minoranza (e divisi) e non si costruirà niente di grande per la società puntando solo sull’integralismo del nostro credere.
Dobbiamo aprirci agli altri negoziando nel confronto, valorizzando sì i nostri Principi, ma nella certezza che pure gli altri ne hanno. Il Samaritano era forse credente? Sì, credeva; ma diversamente dagli altri, pur nel suo paganesimo.
L’essere credente non è automatico con l’essere nella verità. Spesso i miei studi hanno evidenziato il contrario, specie là dove l’alienazione mentale dà una certezza assoluta al proprio personalismo fideista. Ma questa non è più religione, ma solo deismo personalizzato.
Sono solito, da sempre, dialogare con tutti, spesso anche con chi cerca di travalicare il rispetto reciproco mettendola abitualmente sulla contrapposizione frontale. E non ho mai guardato al colore politico o fideista della persona, ben tenendolo però presente quale parametro analitico.
Tutti (chi di una certa età) siamo stati giovani e di quel periodo ricordiamo anche gli sbagli e le certezze dovute alla nostra limitata esperienza e … sapere. Che poi abbiamo rettificato, correggendo la nostra esuberanza non solo fisica.
Quando mi trovo davanti a certe situazioni penso semplicemente alla difficoltà che si incontra nel costruire anche se limitatamente al solo campo cattolico; permango tuttavia sempre ottimista: ottimista nella buona fede altrui anche quando scende a infimi livelli.
Le mie analisi sono di solito comprese e condivise, anche se non sempre nella totalità del mio pensare. E i lettori lo evidenziano.
Poi, vi possono essere differenze interpretative dovute a dei “distinguo” particolari, vuoi per una mia eventuale inefficienza nel comunicare le idee, vuoi per l’inesatta interpretazione altrui delle stesse.
Non siamo nel regime teocratico iraniano dove la democrazia è inesistente e il diritto costruttivo di critica negato.
Siamo in un Paese sì in crisi, ma per ora ancora vivace e che, lo credo fermamente, ce la può sempre fare.
E finché la libertà di pensiero sarà ancora garantita, esporrò sempre la mia contrarietà politico/sociale a chi vuole costruire (utopisticamente) qualcosa di grande con l’imporre dottrinalmente, e non democraticamente, la propria idea, nella convinzione che il costruire non lo si può fare nell’asserragliarsi personalista.
Tutti i luoghi sono buoni per costruire; e lo sono pure tutti i momenti.
La società non è il gioco delle figurine dove vi è uno scambio interessato, a costo zero, teso all’avere, al possedere ed al godere; bensì è un’agorà dove necessita non solo saper riconoscere i propri principi e valori, ma pure dove questi basilari ingredienti del vivere comune vanno analizzati e perfezionati insieme a “tutti” gli altri.
Diversamente si cade sempre nell’integralismo idealista (politico o religioso) dove agli altri si addebita la propria coda di paglia che sta bruciando e che, immancabilmente, invece di scottare l’altro incenerisce il nostro deretano.
Ed allora non solo i parametri analitici sono esatti, ma pure perfetti. Piaccia o non piaccia!
La nostra società sta sfornando correttivi talora eticamente contrastanti; sono l’indice del malessere etico/sociale che ci pervade e della caduta di una certa cultura, specie di quella politica e democratica, ma, aggiungerei, pure religiosa.
Tutto ciò traspare non solo nelle ronde di nuova costituzione, ma pure in quell’integralismo religioso liberticida della libertà di pensiero che specie in basso, ma talora pure in alto, sovrappone il proprio Io esistenziale all’altrui essente.
L’unico rammarico mio è che troppa gente non se ne avveda e proceda imperterrita ammantando il tutto con la falsa bandiera della libertà: la propria.
Con simpatia a tutti.