La
crisi di governo agostana è stata superata col varo del nuovo esecutivo? Beh,
ci andrei molto cauto ad affermarlo, perché ritengo che sia ancora all’inizio e
lungi dall’essere risolta. Difatti, in sostanza, l’ufficialità non corrisponde
sempre alla verità conclamata, celando magari tra le pieghe degli eventi zone
assai torbide.
Per
ora dal cilindro (forno) Mattarella, con la collaborazione di Pd, Leu e M5S, è
stato sfornato un ottimo pasticcio. Tanto buono d’essere indigesto alla
stragrande maggioranza del popolo italiano e pure a buona parte di quella
minoranza schierata sul fronte opposto.
Con
Andreotti condividevo il detto che certe volte a pensar male
si fa peccato, ma che spesso ci si azzecca. Perciò proviamo a fare
un’analisi indiziaria degli eventi.
Dal
festival dei burattini (dei pinocchi) e dei burattinai comincerei dalla figura
del Premier.
Conte
appare come il “fighetto” di turno: bell’aspetto, piacione, sorridente, look
impeccabile, chiacchiere suadenti, disponibile a passare e a ripassare il
Rubicone non una ma mille volte sia nella vita privata che pubblica, con il
complesso della prima donna frustrata, denominato da molti il Pappafichi
(per via del gustarsi ciò che altri hanno coltivato), disponibile e totem ombra
coi potenti di turno (prima Salvini e ora Ursula o chi per lei), ritenuto fino a
poco fa con molta ironia nell’Ue un frustrato avvocatuccio
di provincia dal curriculum dubbio e insignificante,
ora convinto d’essere diventato il più grande stratega e politico italiano di
tutti i tempi tanto d’affermare a Biarritz che dopo un anno di presidenza sa
perfettamente dove intervenire e come operare per risolvere tutti i problemi
italiani (oibò!!!), grande smemorato di Collegno così da dimenticare un attimo
dopo ciò che ha appena affermato, e perfetto cafone istituzionale nei suoi
attacchi parlamentari a Salvini celandosi dietro un nozionismo iattante. È un perfetto
trasformista adatto ad ogni stagione e un mistificatore della realtà, specie
quando riversa su altri le proprie incapacità e le proprie colpe.
Come
gli disse la Bonino: ma lei queste cose ce le viene a dire dopo quattordici mesi? Parafrasando terra a terra il
politically correct istituzionale in Senato: o eri idiota prima per non accorgertene
o sei mendace e opportunista ora.
Mattarella è
lo stratega e il tutore della
correttezza costituzionale, affiancato dalle sue cariatidi quirinalizie. Più
che seguire il buon senso si affida ad una lettura forse troppo pedissequa degli
articoli e commi giuridici della costituzione (repubblica parlamentare),
apparendo a molti succube della sua provenienza politica e ideologica. Il suo
funereo aspetto e il suo spizzicato incedere discorsivo gli è valso il duplice
affettuoso riconoscimento popolare – analogo nel significato – di Lazzaro
risorto e morto che cammina. C’è; ma ai più pare non
esserci.
Salvini è
il caprone scornato che di norma carica, ma che in questo caso si è rotto le
corna. Il suo incedere politico è dettato dall’interpretare abilmente le
esigenze popolari e di trasformarle in istanze politiche da convertire in
leggi. Grezzo e rude nell’aspetto (il truce,
per alcuni) ha avuto il grande torto (peccato originale) di raccogliere un
travolgente successo personale e di partito alle europee (34%) e in tutte le
recenti amministrative e regionali, tanto da diventare il pericolo pubblico
numero uno (odiato e contrastato) per gli altri partiti. Viene perciò nel
popolo percepito come l’orco delle sette leghe (vedi: stivali delle sette
leghe) per il suo cannibalizzare velocemente gli altri partiti. È stato
tuttavia estremamente educato e corretto, anche se fermo, nel rispondere in
Senato alle accuse di Conte.
Di Maio è considerato dai più uno
statico manichino stralunato, con quegli occhi che
paiono uscirgli dalla testa. Sembra un
ragazzo che non cresce mai, intento a ricercare la sua identità di
tribuno popolare alla mercé di un comico esoterico e di un impalpabile e
virtuale imprenditore di provincia. È attorniato da una galassia di radicali sommovimenti
trasversali tesi a sgomitare tra loro per affermare i propri “punti”. Pare lo
scolaretto di turno che declama al maestro quanto ha appreso, incapace di
andare oltre nell’ideazione di un progetto politico completo, sperso e sommerso
nella rete dalle infinite istanze che viaggiano nel web. Come si dice dalle sue
parti è un personaggio “impostato”, dove il confine tra il reale e l’apparire è tanto indefinito da
farlo sembrare politicamente fasullo.
Renzi è
il ragazzotto esuberante nell’eloquio e dalla lingua lunga, intento sia a fare
il Giamburrasca tosco sia il sabotatore delle linee amiche e nemiche. Di lui si
conoscono le idee vaganti e stravaganti, ma nessun progetto definito.
Spregiudicato guascone e pinocchio dalla memoria inesistente è da molti definito
come l’idiota ciancione, in pratica colui che senza costrutto e
con tante chiacchiere vaga alla ricerca di sé stesso in politica, tanto da
dilapidare in pochissimo tempo un ampio consenso ottenuto su promesse facili,
ma impossibili da realizzare per deficit programmatico e incapacità operativa.
Narcisista, egocentrico e provinciale ha una visione distorta della politica e
è più un capetto che un leader, intento a procedere a colpi di mano e a
autoincoronarsi. Ha scambiato l’Italia intera per una “branca” scoutista.
Zingaretti ha
un aspetto e un eloquio deprimente, tanto da essere chiamato, per storpiatura
del suo cognome, lo Zingaro cafone, tanto è rozzo nel muoversi in campo
politico. Trovatosi, per grazia ricevuta, ad interpretare il ruolo di segretario
‘pro tempore’ del Pd, ondeggia ad ogni soffio correntizio come canna al vento,
intento a cercare di tenere unito un partito inesistente fin dalla sua nascita
e composto da bande anarchiche che, come i mercenari di un tempo, si
fronteggiano tra loro per spartirsi il potere con aggregazioni e defezioni
improvvise. Pare spesso un pugile suonato, intento a interrogarsi su come mai
sia lì e su cosa ci stia a fare.
La Commissione Ue è il deus ex machina della
situazione, il Giove che dall’Olimpo osserva e lancia i suoi fulmini per
ridurre a miti consigli chi la contrasta. Dopo aver dilapidato progressivamente,
con il suo operare, in ogni nazione il grande sostegno elettorale di cui godeva
da decenni, s’è ritrovata a dover assemblare risicate maggioranze nuove per
perpetuare il proprio potere. Ufficialmente dovrebbe essere neutrale nelle
problematiche interne delle nazioni, ma in effetti, tirando il sasso e
nascondendo la mano, sia sottobanco, sia con dichiarazioni, sia con pressioni e
ammonimenti espliciti, fa il bello e il cattivo tempo ovunque. Con la Brexit
pare il coniuge abbandonato, ma è probabile che pure dietro gli ultimi
sconquassi parlamentari del Regno Unito ci sia il suo zampino.
La
crisi parte da lontano e non da uno sclerotico voltafaccia di Salvini. Lui
stesso da tempo ammoniva (a torto o a ragione) che si era al limite.
Conte,
in Parlamento, pur etichettando il fatto come scorrettezza
istituzionale, s’è guardato bene dal dire esplicitamente che la mozione contro
la Tav del M5S era in realtà una mozione di sfiducia contro di lui. E quando
tutti gli esponenti di una forza politica escono platealmente dall’aula quando
il suo premier prende la parola, voltandogli le spalle, ciò non è solo
metaforico. In passato il premier di turno sarebbe volato al Quirinale per
rassegnare le proprie dimissioni irrevocabili! Erano altri tempi, altri
politici e altri presidenti al Quirinale.
La
crisi vera nasce sulla stesura del Def, perché qua si gioca il contrasto non
tra Lega e M5S, ma tra Commissione Ue e la Lega, che vuole una manovra
espansiva e non recessiva.
Tria
e Conte tornano da Bruxelles con un misero 1,6. Ciò, in pratica, significa non
affossare le aspettative leghiste e italiane, ma produrre una manovra con nuove
tasse e l’aumento dell’Iva; oppure bloccare l’Iva e mettere altre tasse, perché
l’Iva si mangia da sola 1,4 punti di Pil.
Come
ha riferito Conte in Parlamento, la crisi si materializza i primi di agosto con
un lungo incontro mattutino tra Salvini
e il premier. Subito dopo Salvini ha un colloquio (sicuramente convocato) con
Mattarella, da cui dopo poche ore sale anche Conte. In quel giorno la crisi
diventa “ufficiosa”; non però la sua calendarizzazione, ristagnando ancora per
oltre due settimane.
Perché
si attendono 15 g per renderla istituzionalmente effettiva, quando Conte il 20
agosto sale a rassegnare le sue dimissioni dopo le sue comunicazioni al Senato?
La
crisi ha pure un indizio importante: Conte già a luglio avrebbe dovuto
comunicare all’Ue il nuovo commissario italiano, che avrebbe dovuto essere
leghista. Ciò non avviene tra continui rinvii. Di sicuro c’è che un commissario
leghista sarebbe stato una spina dolorosa in seno alla commissione Ue e non si
sarebbe, poi, potuto revocare.
Nell’Ue,
a luglio, si deve eleggere il presidente della nuova commissione. Ma per la
vecchia maggioranza non vi erano più i numeri necessari; perciò, per mantenere
il potere bisognava assoldare nuovi deputati, pena il dover passare la mano o
un lungo stallo.
I
cantori della Democrazia dicono che questa è il sistema migliore esistente; ma,
purtroppo, spesso cela sotto il paludamento sfarzoso della sua teoria, i venali
e odiosi, pur se ritenuti leciti nel sistema, mercanteggiamenti (compromessi).
Fatti
i debiti conti tra i gruppi presenti nell’opposizione si trova un piccolo
manipolo (14) di “prodi” che sarebbe utile assoldare per raggiungere lo scopo.
Appunto i deputati di M5S. Ai quali, però ovviamente, bisognerà dare qualcosa
in cambio, perché nella teoria dei giochi di Nash non vi sono giochi a costo
zero.
M5S,
infatti, ha lo stesso problema, pur essendo schierato all’opposizione, della
vecchia maggioranza dell’Ue: è in caduta libera nei suffragi elettivi, sia in
ambito nazionale che europeo. E non importa affatto se un tempo voleva uscire
dall’Euro; di ciò ci si può facilmente dimenticare.
Conte
prima si fa in dieci coi capi di stato per convenire sul nome di Ursula e poi
M5S all’ultimo istante vota a favore. Vittoria del sistema e del vecchio establishment.
Credo
che qui stia l’origine della crisi di governo italiana.
Per
raggiungere il risultato tuttavia non basta. Ciò significa che l’elaborato
progetto inizia assai prima, quando i sondaggi danno già il probabile risultato.
In
Italia, parte debole del sistema Europa per via di un governo ostile e sostenuto
da due forze antitetiche, vi è per l’Ue un grosso problema: la Lega sta
falcidiando e fagocitando, voto dopo voto, tutti gli altri partiti e ha
raggiunto un consenso tale da poter scardinare il sistema. Interessante su ciò il labiale tra Merkel e
Conte.
Non
solo: intesse rapporti con i paesi ostili alla Commissione promovendo un
coordinamento politico tra loro.
Non
è che altrove vada molto meglio: la Merkel perde consensi pur resistendo,
Macron (il Renzi gallico) frana e i paesi Visegrad alzano la cresta facendo
combutta con Salvini.
Sicché,
partendo da lontano, si muovono i legionari passionari: le Ong!
Esiste,
infatti, il problema migrazione, che dopo lo slancio “caritatevole” della
Merkel, durato solo due settimane, più nessuno vuole. Letta, da buon cattolico,
aveva ideato Mare nostrum; ma poi di fronte alle inarrestabili
ondate di profughi pure il Pd con Minniti aveva dovuto correre ai ripari.
Ufficialmente
giunsero in Italia meno di centomila migranti all’anno, ma il conto reale mai
nessuno l’ha voluto rendere pubblico, essendo i calcoli subito fatti: in certi
giorni le navi taxi dei “soccorritori” scaricavano anche dieci o quindicimila
migranti, per cui è un mistero come si potesse arrivare solo alla cifra annua dichiarata.
A meno che i dati di un mese venissero dichiarati per quelli di un anno.
Salvini
con decreti ad hoc ha bloccato l’invasione e pure Malta s’è data da fare in tal
senso. Macron, dal canto suo, ha chiuso da tempo i suoi porti e pure i varchi continentali
di maggior transito come Ventimiglia, pur dando addosso all’Italia sul problema. Senza dire dell’Austria che minaccia di
chiudere il Brennero o della Germania che rispedisce al mittente chi è riuscito
a entrare sul suo territorio.
Molte
Ong, dopo i decreti italiani, hanno rinunciato al pattugliamento, puntando la
prua verso i mari asiatici.
Il
problema risolto da Salvini per l’Europa può essere invece l’utile cavallo di
Troia per cercare di logorare il governo ostile gialloverde nell’opinione
pubblica, con l’appoggio (involontario) del Papa e della Chiesa. Perciò dal
Nord ecco giungere un paio di navi Ong
con equipaggio all’uopo selezionato e ben organizzate con tanto di
portavoce mediatico, sulle quali imbarcare capitani tosti e disposti a tutto
pur di forzare il blocco. Meglio ancora se assai ideologizzati e … ben pagati.
E all’atto di violare il blocco ecco pronti onorevoli dell’opposizione (ora
maggioranza) a salire a bordo.
La
Carola è la nuova Giovanna d’Arco teutonica, specializzata in rompighiaccio,
pronta a frantumare pure il blocco navale leghista/italico per la santa causa
Ue. Dopotutto in tutto il Mediterraneo esiste solo un approdo sicuro: l’Italia!
Malta?
Beh, quella è un piccolissimo stato e non dà noia all’Ue. Francia, Spagna, Grecia, Cipro? No, quelli
hanno i porti chiusi e inviolabili.
Infatti,
quanto valgono le leggi dello Stato italiano? Nulla, se non un provvisorio
arresto e l’immediata e sostanziosa raccolta milionaria di fondi made in
Germany. Di chi? Non ovviamente da parte di Merkel & C., ma di importanti
società teutoniche che stanno dietro di loro. Qualcuno ha sentito il biasimo
(rincrescimento) formale o ufficiale della Germania per una sua concittadina
che ha violato la legge immigratoria e il territorio di uno stato membro?
Tanto
prima o poi un giudice (politicizzato)… favorevole lo si troverà, aspettando
che cambi … il vento.
L’opinione
pubblica italiana però nelle tornate elettorali successive premia ancor di più
la Lega e allora bisogna usare anche altre armi per abbattere un governo
popolare ostile.
Ecco,
perciò, la Dichiarazione di infrazione al bilancio, che alla fine si conclude
con un pari e patta, grazie alla lodevole mediazione di Conte. Dopotutto il
traghettatore futuro bisognerà pure valorizzarlo.
La
restrizione dell’1,6 sul Def italiano è la mossa finale. Anche se nessuno
analizza il perché Germania e Francia possano andare ben oltre. E’ la strategia
che costringerà Salvini – in contrasto con i nuovi acquisti Ue (Conte e M5S) -
a ribaltare il Governo, come infatti avviene.
Tutti
pensano convinti alle elezioni (Lega, M5S, Pd …), ma non han fatto i conti coi
piani segreti. Infatti Conte non si dimette subito; o meglio: probabilmente dal
Quirinale gli viene consigliato di aspettare due settimane per far decantare la
situazione.
Che
deve decantare? Semplice, deve entrare di nuovo in scena e scendere
dall’Aventino quel ragazzotto bambinone che a parole dava addosso
all’Ue, ma che poi diceva sempre signorsì a Merkel & C: Renzi. Colui a cui
basta fargli vedere il giocattolo del trono e si rimangia pure il padre, la
madre, la moglie e soprattutto pure tutto il Pd.
Il
quale, da gagliardo pinocchio pure nel naso, deve fare, dopo aver smentito
mille volte, la sua dichiarazione a sorpresa: facciamo il governo con i grillini!
Sconcerto
nel Pd e in M5S, nemici giurati fino a un attimo prima, per la regola: i nemici
dei miei nemici sono nostri amici. Parafrasando: i nemici della Lega son tutti
nostri amici.
Alé,
siamo a cavallo! Ci vorrà un po’ di tempo, ma lo si farà con l’aiuto del
Quirinale.
Ovviamente
nel Pd, tolto Calenda che se ne va nauseato, tutti cambiano idea entusiasti,
compresi quelli di Leu, perché diversamente vi è solo l’alternativa d’essere
annientati dal voto e di scomparire per almeno cinque anni, se non per sempre. Tutti,
infatti, Conte in primis, hanno la cittadinanza onoraria a Collodi.
La
Commissione Ue gongola, perché la sua priorità non era evitare una crisi di
governo, bensì impedire che con nuove elezioni la Lega tritasse tutti gli altri
partiti e governasse da sola; allora sì che per Ursula & C. sarebbero stati
guai seri.
Il
governo è varato, la fiducia è concessa ma un colpo di scena colpisce la
maggioranza di governo e il governo stesso: Renzi lascia il Pd con le sue
truppe, dimezzando il Pd stesso e lasciando avamposti importanti nello stesso
Pd.
Perché
ciò avviene dopo la fiducia e non durante la crisi o prima? Semplice: le carte
si sarebbero rimestate e, come si lamenta poi Conte, ciò avrebbe influito sul
suo sciogliere la riserva.
Farina
di Renzi o della lunga mano dell’Ue?
Analizziamo
le conseguenze.
Se
Renzi avesse lasciato il Pd prima dell’apertura della crisi è molto probabile
che la sua decisione di fare il governo con i grillini non avrebbe avuto
l’appoggio di Pd e Leu. Stando ancora nel Pd, invece, la decisione compatta le
forze di Sx, pur spiazzandole.
Se
lo avesse fatto a crisi aperta la situazione si sarebbe ulteriormente
aggrovigliata, perché invece di tre partiti ad appoggiare il governo ce ne
sarebbero stati quattro e i grillini difficilmente avrebbero accettato un tal
minestrone.
Facendolo
invece a fiducia avvenuta si aprono due scenari interessanti.
Il
primo per l’Ue che avrà buon gioco a imporre le sue condizioni e a ridurre il
potere del Pd sia in Italia che in Ue (Sassoli e Gentiloni) perché Renzi coi
suoi sarà il decisore delle sorti del nuovo esecutivo, dimezzando pure Conte e
Gualtieri.
Il
secondo in Italia perché la nuova creazione renziana può scompaginare pure il
centrodestra, sottraendole alcuni deputati e senatori, oltre a ridurre il
potere decisionale – se mai ne abbia avuto - di M5S.
Divide
ed impera, era il principio dell’antica Roma. Perciò, seguendo il cui
prodest dei fatti, pure Renzi sarà un soggetto debole. Tanto debole che in caso
che il governo saltasse presto tutte le forze dell’attuale maggioranza rischierebbero
una débâcle apocalittica. Pure lui non potrà alzare troppo la cresta col
governo.
Perciò
un governo debole e le forze che lo appoggiano deboli saranno alla mercé
dell’Ue, non avendo voce in capitolo. L’unica loro alternativa è di stare
insieme alla meno peggio per non rischiare di scomparire.
In
Umbria tra poco si vota e il Pd è costretto a correre ai ripari per
fronteggiare la scissione renziana: forte penale per gli eletti che cambieranno
casacca. Fermo restando che questa minaccia, come quella del M5S, è più teorica
che concreta, specie se verrà portata davanti a un tribunale.
I
risultati umbri, pur con l’alleanza Pd-M5S, stravolgeranno comunque
l’equilibrio delle forze attuali governative, specie se i grillini dovessero
continuare a perdere consensi. Prima fagogitati dalla Lega e ora dal Pd. Un Pd,
però, azzoppato da Renzi.
Se
poi il centrodestra dovesse vincere alla grande e non di misura, allora
sarebbero decisive per il governo le elezioni dell’Emilia Romagna, specie se pure
questa roccaforte di Sx dovesse essere espugnata. Perché è ovvio che lì i
renziani proporranno quasi sicuramente un loro candidato contro quello del Pd.
Salvini
e la Lega, col centrodestra tutto, stanno per ora alla finestra. Se
aumenteranno ancora il consenso ottenuto alle europee, specie se dovessero
stravincere, allora il governo attuale, pur essendo parlamentare, perderebbe
ogni credibilità politica.
Perché,
in sostanza, se l’Ue e la Sx per ora con il beneplacito di Mattarella hanno
parato il colpo, è ovvio che difronte ad una nuova avanzata leghista si
troverebbero molto in difficoltà.
Il
loro rischio è uno: quello di creare in Italia una “dittatura democratica”, con
la Lega che potrebbe ottenere un consenso tale da poter governare da sola.
Allora
o l’Ue dovrebbe cambiare molto della sua politica, oppure spaccherebbe l’Ue
stessa.
A
Bruxelles ciò è ben chiaro. Tanto chiaro d’aver creato (favorito) un governo
fantoccio per guadagnare tempo.
Gli
storici ricordano bene il governo (1936-1937) di Léon Blum.
Perché il Conte bis ha, pur a distanza di un secolo, molte analogie di causa ed effetto con
quello.