martedì 10 maggio 2011

Osama Bin Laden: omicidio premeditato di stato?







Non avevo ancora appreso la notizia quando un conoscente, addentro in simili questioni, mi contatta per chiedermi un’opinione di merito, riassumibile in: è un omicidio di stato?


Non conoscendo effettivamente nulla in proposito gli faccio presente che la cosa mi è nuova. Perciò mi fa avere in poco tempo una grande quantità di dettagli e di dispacci di agenzie.


Non entrerò nel merito della personalità del defunto, anche perché, come la Chiesa saggiamente comunicò subito, la morte non è mai una festa.



Da lontano è impossibile ipotizzare la realtà di una simile operazione; perciò mi limiterò all’analisi di alcuni particolari interessanti che meritano d’essere sottolineati:
a) La casa fortino.


b) La modalità operativa: durata e dispiegamento di uomini e mezzi.


c) La telecamera montata sul casco di un ufficiale, onde far assistere in diretta personaggi influenti.


d) La traslazione della salma e la sua sepoltura.



La casa fortino.


Il fatto che la casa sia imponente, con un alto muro di cemento armato che la circonda e sormontato da filo spinato, denota che una simile abitazione è stata costruita appositamente per un uso particolare.


Perciò non può essere considerata una residenza temporanea e neppure d’emergenza, né una costruzione normale in quella zona.


Ciò significa che è da anni abitata per quell’uso specifico: praticamente dalla sua costruzione che risale a tempi abbastanza recenti.


Non è una casa comune che nel villaggio può passare totalmente inosservata!


È interessante notare che è nei pressi di un’importante accademia militare, perciò vicina ad un obbiettivo ultrasensibile, cosa non sottovalutabile militarmente e operativamente.


Non voglio entrare nel merito di eventuali coperture pakistane sul caso, essendo ai fini pratici poco influenti, sia nella copertura del ricercato, sia di connivenza all’operazione.


Vale però rilevare che una tale operazione, con 4 elicotteri d’assalto, tanto in profondità in territorio estero, anche se alleato, ha bisogno se non altro di un piano di sorvolo preventivo, anche se poco prima dell’inizio. Non può in alcun modo passare inosservata, specie se l’obiettivo è vicino ad una struttura ultrasensibile.


Diversamente accecare tutti i radar e i sistemi di rilevazione automatica comporterebbe un dispiegamento di aerei adatti al caso, che però configurerebbero un attacco ostile in grande stile.



Da notizie ufficiali la Cia mise la casa sotto attenta osservazione continua dall’agosto scorso, usufruendo, quale base logistica, di un appartamento idoneo all’uopo e non molto distante.


Perciò, prima di muoversi, si era perfettamente in grado di valutare chi vi abitasse, quante e quali persone vi fossero e possibili sistemi di sicurezza e di vigilanza.


Usufruendo di altre notizie rilevabili, o con satellite o da acquisizione diversa, si sarà avuta anche una planimetria esatta.


Il fatto che la casa sia destinata ad essere a breve rasa al suolo pone l’ipotesi che siano state usate armi non convenzionali che lasciano tracce per molto tempo e che, pertanto, si vogliano cancellare rapidamente.



La modalità operativa.


Viene pubblicamente dichiarato che nell’operazione sono stati impiegati 79 uomini e 4 elicotteri d’assalto.


Uno è andato perso; perciò facendo i debiti conti il corpo di Bin Laden è costato agli americani a peso veramente d’oro, solo considerando ciò.


79 uomini sono troppi per una simile operazione e per un tale obbiettivo, a meno che si voglia con tale dispiegamento creare una grande eco mediatica.


Di norma sarebbero bastate 15/20 persone. Il che è presumibile che le vere unità impiegate nell’operazione siano state non di più.


Considerato che i Navy Seals sono unità prettamente militari, il loro supporto è stato probabilmente solo di contorno, perciò di appoggio e di trasporto per evitare possibili sorprese. Pare ovvio, perciò, che la vera operazione sia stata condotta da un gruppo altamente addestrato e esterno, pur se inglobato al momento nel personale della portaerei per motivi logistici e di copertura.


Il guasto ad uno degli elicotteri, pur se sempre preventivabile e se non messo fuori uso da fuoco nemico, fa a pugni con la meticolosità operativa di un vero gruppo rapido di intervento, che avrebbe agito via terra senza grandi problemi, almeno fino al termine dell’operazione vera.



Si dichiara che l’operazione effettiva è durata circa 40’. Chi ha familiarità con i gruppi di intervento rapido sa benissimo che per penetrare in una simile casa, benché fortificata e difesa, ci vuole molto meno. Non più di 10’, anche se strenuamente difesa.


Un gruppo di intervento rapido specializzato non fa uso di armi convenzionali, bensì di armi silenziose, accecanti e paralizzanti; come non ha bisogno di un tale dispiegamento rumoroso di forze, perché ciò vanificherebbe la sorpresa e porrebbe in pericolo la ritirata.


Un tempo tanto lungo dell’operazione pone, pertanto, delle varianti che non si vogliono rendere pubbliche, ma che sono assai probabili nella realtà.



La telecamera.


Con grande enfasi si è voluto rendere pubblico che una telecamera era stata montata nel casco di un militare (sicuramente un ufficiale) onde far assistere in diretta le “tre parche” del momento.


Considerato che i tre forse non cercavano la morbosità di immagini e di eventi drammatici e raccapriccianti, né un normale orgasmo alla Lewinsky, appare ovvio che il loro interesse fosse appuntato su ben altro.


Simili caschi sono di norma collegati a specifici neumotori, perciò in grado di orientare la telecamera automaticamente verso l’obbiettivo inquadrato dagli occhi del soggetto che indossa un tale casco. E telecamere ad infrarossi possono operare anche in assoluta carenza di luce (NDR. La foto resa pubblica di Osama, con la fronte squarciata da un proiettile tra i 2 occhi, è agli infrarossi.).


Il dotare il casco anche di un microfono e di un diffusore (altoparlante) non è un problema tecnico, considerato che i piloti li usano da decenni per comunicare tra di loro e con la base.


Perciò è più che ovvio che i tre (Presidente, Segretario di Stato e Capo Cia) non solo abbiano potuto vedere l’azione in diretta, ma che in via teorica - non avendo conferme ufficiali - abbiano potuto anche interagire con il comandante dell’operazione (il probabile padrone del casco), dialogare con questo e con altri che potevano essere insieme a lui in un determinato frangente, oltre che impartire eventuali ordini.



Osama, si rende pubblico, è stato catturato vivo al 3° piano della casa e solo in seguito ucciso perché opponeva reazione. Era in compagnia di altri familiari.


Considerato che i membri di un simile gruppo sono in grado di immobilizzare anche senza armi una persona, per quanto agitata e violenta, oltre ad essere dotati di mezzi in grado di renderla docile (inerme) come un bambino dormiente, è ovvio che il resoconto ufficiale faccia a pugni sia con il buon senso, sia con la logica.


Collegando la telecamera, il comandante dell’operazione, il fatto che la cattura sia avvenuta a soggetto vivo, la durata dell’operazione e la possibilità che altri fossero in grado di interagire anche a distanza, è ovvio che sia più che probabile che il catturato sia stato brevemente interrogato e, quasi sicuramente, abbia potuto scambiare magari qualche frase con il Presidente stesso, prima di essere in pratica giustiziato con due colpi ravvicinati alla nuca.


Come sia andata nella realtà è difficile saperlo e solo pochissimi, tenuti al riserbo (segreto) totale, ne sono a conoscenza.


È assai probabile però che Osama abbia dato del “cane infedele e del rinnegato” a qualcuno, innescando la sua reazione.


L’amministrazione U.S.A. dopo aver ventilato la possibile diffusione pubblica, pur se in forma ridotta, delle foto e dei filmati relativi all’operazione, si è però ben guardata dal farlo, ammantando la propria riservatezza con il riserbo di immagini agghiaccianti in grado di impressionare molti.


Credo che questa sbandierata volontà di farlo non sia mai esistita, né presa seriamente in considerazione per ovvi … motivi.



Se si fosse voluto Osama vivo, considerato che vivo fu catturato, il trasportarlo avrebbe posto gli stessi identici problemi del traslare la sua salma.


Un processo pubblico, però, considerati i precedenti, sicuramente sarebbe stato imbarazzante e destabilizzante per il Governo americano; che prima arruolò, poi addestrò, infine finanziò, armò e mandò in Afganistan a combattere i russi il giovane Osama, magari tradendolo pure tanto da causarne la sua inversione di campo.


Perciò meglio morto; anche se la sua morte ai fini pratici portò solo all’abbattimento di un’icona simbolica e non più operativa del terrorismo internazionale.



La traslazione.


Si afferma che si volle traslare il corpo per non renderlo meta di un probabile pellegrinaggio futuro.


Pure, che lo si inabissò in mare per dargli degna sepoltura secondo i dettami del Corano.


Prima di giungere sulla portaerei, però, il gruppo si fermò in un hangar di una base americana per un certo lasso di tempo.


Considerato ciò il corpo del defunto poteva essere benissimo sepolto anche in una località segreta, dopo gli accertamenti di rito per provarne con il Dna la vera identità se questa – molto difficile – non fosse già stata acclarata.


Non ci si muove per una simile operazione senza una certezza matematica assoluta.


Trovare un corpo in acque profonde è molto più complesso, però, che il ricercarlo sulla terraferma se il segreto della sua localizzazione potesse sfuggire a qualcuno. In pratica è impossibile, specie se in quel corpo vengono iniettati liquidi che ne favoriscono la disgregazione in tempi brevi.



Conclusioni.


A Norimberga si ebbe il pudore di processare i “vinti” per i loro misfatti, anche se altri ne fecero di simili in quegli anni.


Vi fu almeno un processo legale dove gli imputati poterono dire la loro ed ebbero un difensore. Poi alcuni furono giustiziati.


Osama non fu processato, perciò neppure giustiziato non essendo stata emessa una condanna.


Qualcuno però, ebbro della sua forza e della sua posizione, si è arrogato il diritto democratico di condannare da sé l’imputato, o preventivamente nel dare l’ordine e le disposizioni dell’operazione, o in un processo breve e sommario susseguente e immediato alla cattura.


Perché è ovvio che, stando alle dichiarazioni pubbliche sia dei familiari che del Dipartimento, il ricercato sarebbe stato catturato vivo e vegeto e che in tale stato poteva benissimo essere trasportato altrove.


Ed è per questo che alla domanda iniziale del mio conoscente “è un omicidio di stato?” ho voluto aggiungere l’aggettivo specificativo “premeditato”, pur nella forma della domanda retorica dubitativa.