Carissimi amici, parenti,
lettori e conoscenti,
– mi si
acconsenta a utilizzare un’espressione abituale a Paolo di Tarso nell’iniziare
le sue epistole –
giungo a
Voi brevemente in questo modo per porgerVi i doverosi auguri.
Un sentito
grazie soprattutto a quanti me li hanno inviati privatamente nei giorni scorsi
e oggi.
Lo scorso
anno lasciai spazio a Sesac, rinunciando, per la prima volta, al tradizionale pensiero filosofico
e sociologico natalizio.
Pure quest’anno
non mi voglio impegnare in questa mansione per varie ragioni. La prima delle
quali è l’inesistente voglia di farlo.
Come molti
sanno le mie condizioni, da ormai un lustro, non sono ottimali. Il mio fisico
paga le cure e diventa ogni giorno più debole. Soffro qualsiasi piccolo sforzo.
Se fossi
poco ottimista, direi che non potrei garantire d’essere ancora tra Voi il
prossimo natale.
Tuttavia,
avendo già sfatato i test esistenziali, proverò a esserci per molto altro tempo
ancora.
Quest’anno
ho voluto essere di stimolo ad alcuni conoscenti che soffrono una grave
malattia, sia visitandoli, sia rincuorandoli. Alcuni se ne sono già andati,
altri ancora resistono.
Ho perso
pure un parente – peraltro con il mio stesso nome e cognome – per la mia stessa
malattia.
Ha resistito poco più di sei mesi.
Talora, nel
silenzio e nella solitudine che stimola il pensiero, mi chiedo dove sia la
differenza tra me e gli altri. Credo nel non sentirmi un ammalato, ma solo uno
condizionato o impossibilitato fisicamente in tante cose, che prima facevo
agevolmente.
Non ho
abbandonato i progetti, accettando pure di impegnarmi là dove lo sforzo fisico
non è indifferente, affrontando tutto con tanta determinazione e senza l’assillo
del tempo. Ovviamente progetti non a lungo termine. Tutto deve essere un
piacere, mai un lavoro.
Faccio,
riposo, riprendo, …; finisco spossato, ma contento e soddisfatto d’aver fatto da
professionista anche così.
Il fare
e la vita deve essere sempre un piacere; proprio e tanto come l’amare.
Chi ama solo
per la redenzione e la salvezza ha già perso sé stesso e decreta la sua dannazione,
perché fa non perché convinto, ma solo per un do ut des. È un dannato cha
vaga animato dal premio finale, come lo è il lavoratore che aspetta solo il
salario mensile.
Il mio
pensiero va spesso a chi soffre. Il dolore degli altri mi ha sempre commosso. Il
mio lo so affrontare, sopportare e vincere.
Appunto per
questo voglio indirizzare il mio pensiero, la mia vicinanza e i miei Auguri specialmente a chi
soffre d’una malattia grave, a chi è debilitato nel fisico, a chi è oberato da
violenza e da guerre, a chi è in difficoltà finanziaria per aver perso il
lavoro per la crisi, a chi si trova nell’indigenza fisica, mentale e materiale,
a chi annega nel Mediterraneo cercando un futuro migliore, a quelli colpiti nel
sangue dalla violenza terroristica, a chi, infine, soffre la fame e la sete.
Un pensiero
particolare lo rivolgo ai terremotati, specie a chi vive ancora in precarie situazioni
e che ancora non ha trovato un alloggio decoroso e dignitoso.
A tutti
loro e a tutti Voi che mi leggete, Vi giunga il mio sincero e affettuoso
Buon Natale!
Sam Cardell
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